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Triade adottiva, adozione aperta e cultura adottiva

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Triade adottiva, adozione aperta e cultura adottiva

Ugo Uguzzoni e Francesca Siboni

Una cultura adottiva implica il diritto delle famiglie ad essere aiutate a non nascondere la propria realtà, le proprie origini e la propria storia confinando tutto ciò nel segreto quasi fosse una colpa.

Ci introducono all’argomento gli Autori de La triade adottiva. Processi di filiazione e affiliazione, in questo breve estratto dalla prefazione del volume.

Ugo Uguzzoni e Francesca Siboni
La triade adottiva. Processi di filiazione e affiliazione
Edizioni Franco Angeli, 2011

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Nuove genitorialità: problemi e prospettive del rapporto di filiazione

L’incontro con il tema dell’adozione, per noi, è avvenuto attraverso l’ascolto e le conversazioni con le famiglie adottive prima, ma soprattutto dopo, che avevano adottato uno o più bambini. Molte di esse hanno bisogno di consulti per periodi di tempo brevi e focalizzati sull’emergenza del disagio. Può essere una questione di scuola, in particolare un rapporto difficile con una o più materie, un problema su come leggere alcuni comportamenti dei propri bambini ma, molto spesso, gioca un ruolo importante l’ansia dei genitori giustamente preoccupati di non avere referenti con competenze specifiche (pre e post), che li aiutino a gestire le tematiche reali e quotidiane dell’adozione. Questo bisogno emerge non solo nelle prime fasi evolutive ma anche quando i figli si avvicinano all’adolescenza. Il rischio di pensare alla cura ed alla terapia di bambini o genitori o famiglie adottive senza porsi il problema di avere adeguate e specifiche conoscenze è molto presente nella realtà. Basti pensare che, fino a qualche decennio fa, se un adottato manifestava il desiderio di conoscere le proprie origini, questo bisogno veniva considerato sintomo di patologia o espressione di una non adeguata capacità genitoriale espressa dalla coppia adottiva. La sofferenza generata dall’esposizione a problematiche non adeguatamente conosciute come quelle relative a special needs, hanno portato a risposte difensive e di protezione nei confronti di ciò che non si riusciva a comprendere adeguatamente. Quello che riteniamo debba essere sottolineato è una prospettiva di maggiore attenzione alla ricerca di conoscenza di una complessa realtà che è ancora poco conosciuta e poco studiata nelle sue diverse e peculiari problematiche. Le proposte di modelli di intervento risultano ancora maggiori rispetto alla diffusione di conoscenze specifiche. L’esperienza dell’adozione aperta americana ci ha coinvolti profondamente per l’opportunità, da questa offerta, di non occultare parti di realtà e di conoscere la complessità della realtà adottiva nei suoi vari aspetti. Questo, al contrario di quanto è avvenuto ed avviene in Europa e in Italia da molto tempo. Quando la prof. Laurie C. Miller’ è stata in Italia una prima volta nel 2007, invitata dalla Cattedra di Psicologia Clinica, ci ha illustrato e descritto l’esperienza reale e approfondita di che cosa significhi entrare nel processo adottivo fin dal suo iniziale concretizzarsi nell’esperienza della gestazione. Ella, infatti, utilizza da tempo, un protocollo di intervento grazie al quale anticipa l’accoglimento del bambino presso la famiglia adottiva basato su visite cliniche ed osservazioni compiute antecedentemente all’arrivo del bambino. Una cultura adottiva implica il diritto delle famiglie ad essere aiutate a non nascondere la propria realtà, le proprie origini e la propria storia confinando tutto ciò nel segreto quasi fosse una colpa. Il segreto serve a distruggere non rendendo accessibili alla propria coscienza parti importanti di chi si è e di chi si diventerà. Il meccanismo di difesa della negazione della storia della triade adottiva (genitori genetici, genitori adottivi e bambino adottato) non ha, infatti, favorito ricerche né la nascita di servizi in grado di relazionarsi competentemente con le famiglie, che ne sono la testimonianza più viva. L’incontro con l’adozione aperta e con la possibilità di acquisire dati reali e diretti provenienti dalle persone adottate e dalle famiglie adottive, ci ha profondamente aiutato a capire che cosa significhi vivere nella realtà sociale per gli adottati e le loro famiglie.

Ci si riferisce ai sentimenti e alle tematiche dell’identità, della stigmatizzazione e dell’etnia dei bambini adottati internazionalmente. Una carenza precoce, per esempio, determina una vulnerabilità temporanea, che gli incontri affettivi e sociali possono ricostruire o aggravare. Anche un solo punto d’appoggio nei momenti di crisi permetterà che la costruzione riprenda il suo corso. Per questo ai fornitori di servizi e agli operatori clinici servono competenze, che li aiutino a porsi nel processo di trasformazione valorizzando le risorse familiari e sociali presenti nella realtà. Non deve infatti essere sottovalutata l’importanza dell’istituto dell’adozione come una delle risposte attualmente migliori nell’affrontare la complessa realtà dei bambini abbandonati.

Le famiglie, che hanno adottato bambini, che hanno bisogni speciali, hanno assoluta necessità di avere qualcuno che li informi su ciò che significa, ad un livello intrapsichico, per i loro figli tutto ciò. Ed essere aiutati a rintracciare le proprie paure quando entrano l’un l’altro in risonanza proprio perché c’è un intenso e profondo legame tra loro.

Il recente fenomeno della tracciabilità della famiglia di origine attraverso i social network (ad esempio facebook) è una tra le varie occasioni di reperire informazioni, che gli adottati di oggi, ma anche le famiglie di origine, possono trovarsi ad utilizzare. Contatti e utilizzo che però richiedono un accompagnamento al loro uso e alla loro condivisione e utilità*. Nel proporre questo testo di studio abbiamo cercato di offrire una ricostruzione dei vari momenti che compongono l’universo adottivo. Società, famiglia, individui e operatori costituiscono intrecciandosi un tessuto che diversifica le varie esperienze e, nello stesso tempo, ne delinea la struttura più profonda.

L’auspicio che intendiamo esprimere è che si possa limitare sempre più il ricorso ad atteggiamenti superficiali ed eccessivamente relativistici per un dialogo e un confronto che valorizzi quanto e più è indispensabile conoscere salvaguardando quella dimensione unica ed irripetibile che è data dall’esperienza soggettiva del bambino e della famiglia.

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Corso Alta Formazione Affidamento familiare, adozione nazionale ed internazionale

 

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