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Minori e testimonianza: il ruolo della suggestionabilità

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Psicologia Giuridica

Minori e testimonianza: il ruolo della suggestionabilità

Rachele Maria Valentini

laureata in Psicologia Clinica e Promozione della salute: Persona, Relazioni familiari e di comunità, Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano

Nella Convenzione Internazionale di New York del 20 novembre 1989 sui diritti del fanciullo (ratificata dall’Italia con legge del 27 maggio 1991 n. 176) è stato affermato per la prima volta il diritto del minore ad essere ascoltato in tutti i procedimenti che lo riguardano.

In particolare, al secondo comma dell’articolo 12 si dichiara “la possibilità (del minore) di essere ascoltato in ogni procedura giudiziaria o amministrativa che lo concerne, sia direttamente, sia tramite un rappresentante o un organo appropriato, in maniera compatibile con le regole di procedura della legislazione nazionale”.

Nei casi di abuso sessuale infantile, dove il bambino oltre ad essere la vittima è spesso anche l’unico testimone della violenza sessuale subita, la testimonianza dei minori risulta a maggior ragione fondamentale ai fini processuali.

Purtroppo, accade spesso che professionisti coinvolti nella raccolta della testimonianza dei minori, più o meno consapevolmente, influenzino la narrazione del bambino attraverso quelle che vengono chiamate “domande suggestive”, ovvero domande che suggeriscono implicitamente la risposta che si vorrebbe ricevere.

Nonostante solitamente il bambino sia sul piano della competenza un buon testimone, la sua testimonianza è da considerarsi più fragile in quanto, così come riportato anche in letteratura, il bambino è soggetto ad influenze esterne.

Come affermato da Camerini (2005-2006), la suggestionabilità non costituisce un tratto personologico, ma al contrario un fenomeno contesto-dipendente: ciò significa che occorre considerare soprattutto come la combinazione tra fattori individuali e fattori sociali e contestuali può indurre, in quel soggetto, un aumento della quota di rischio che si verifichi il processo della suggestione.

Ma perché i bambini sono più suggestionabili?

Già Binet (1900) sosteneva che la suggestionabilità dei bambini è da attribuire a fattori sociali quali la tendenza di questi a compiacere gli adulti ritenuti da essi come figure autoritarie, impositive e di fiducia.

A seguito di numerosi studi, Binet concluse infatti come le risposte errate dei bambini riflettevano l’esistenza di “buchi” nella loro memoria, che essi tentavano di coprire compiacendo lo sperimentatore, ovvero accettando le sue opinioni che emergevano dalle domande suggestive.

A supporto di ciò, Lipmann (1911) riporta come, piuttosto di rispondere “Non so” a adulti, i bambini raccontano tutto ciò che viene loro in mente (reale o irreale), il che va a scontrarsi anche con il luogo comune secondo cui i bambini non dicono bugie (recenti studi riportano infatti come già all’età di 2 anni il 30% dei bambini è in grado di mentire).

Inoltre, ulteriori studi sottolineano come il ripetere la domanda potrebbe indurre il bambino a credere che la prima risposta da lui fornita non sia corretta e perciò spingerlo a modificare la sua versione e/o ad aggiungere dettagli.

Come sostenuto da Gulotta (2004), fattore importante risulta essere anche l’età dei bambini.

Da un punto di vista neurologico sappiamo che il sistema nervoso del minore continua la sua maturazione fino al quattordicesimo anno di vita, cambiando sia la sua funzionalità che la sua morfologia.

La differenza del grado di suggestionabilità nei bambini di diverse età sarebbe difatti dovuta ad una più debole traccia mnestica dell’evento nei bambini più piccoli (si pensi per esempio al fenomeno dell’amnesia infantile) rispetto a quelli più grandi e perciò più vulnerabile all’intrusione di informazioni esterne.

Quindi, secondo tale ipotesi, i bambini che hanno un miglior ricordo dell’evento traumatico occorso sarebbero più resistenti alla suggestionabilità rispetto a coloro che hanno invece un ricordo frammentato.

Come si deve comportare quindi un professionista che si trova a raccogliere una testimonianza di un minore presunta vittima di abuso sessuale?

Al fine di raccogliere al meglio la testimonianza risulta innanzitutto necessario che gli esperti (psicologi, psichiatri e neuropsichiatri infantili) e le altre figure professionali (magistrati, avvocati, Polizia Giudiziaria) coinvolte nella raccolta della testimonianza dei minori possiedano specifiche competenze legate ad una aggiornata formazione in psicologia forense e della testimonianza e si rifacciano a linee guida di comportamento e protocolli come ad esempio la Carta di Noto IV o il Protocollo di Venezia.

Oltre a questo, che è la base per svolgere tale lavoro, appare dunque opportuno aumentare la consapevolezza di questi meccanismi della suggestionabilità, avere una visione bio-psico e sociale ed essere in grado di astenersi dall’avere pregiudizi, opinioni e aspettative sull’accaduto per il quale il bambino è chiamato a testimoniare.

Solo attraverso tale rigore metodologico si garantisce infatti il pieno rispetto del diritto del minore ad essere ascoltato e si possono evitare gravi errori giudiziari.

BIBLIOGRAFIA

Binet, A. (1900). La suggestibilitè. Schleicher Freres, Paris.

Camerini, G.B. (2005b), Colloquio clinico con il bambino e ascolto giudiziario. Definizione e valutazione dei fattori suggestivi. In F. Rovetto e P. Moderato (a cura di), Progetti di
intervento psicologico, Milano, McGraw-Hill, pp. 374-392.

Camerini, G.B. (2006), Aspetti legislativi e psichiatrico-forensi nei procedimenti riguardanti iminori. In V. Volterra (a cura di), Psichiatria forense, criminologia ed etica psichiatrica (Trattato Italiano di Psichiatria, TIP), Milano, Masson, pp. 710-767.

Carta di Noto IV. Linee Guida per l’esame del minore. (2017)

Convenzione sui diritti del fanciullo (1989).

Gulotta, G. & Ercolin, D. (2004). La suggestionabilità dei bambini: uno studio
empirico. Psicologia e Giustizia, 5(1).

Lipmann, O. (1911). Pedagogical psychology of report. Journal of Educational Psychology, 2,
253-261.

Protocollo di Venezia. (2007)

Vagni, M., Maiorano, T., Pajardi, D., & Berlingeri, M. (2018). Suggestionabilità interrogativa: Il ruolo del contesto forense e dello stress post traumatico in bambini e adolescenti testimoni di presunta violenza sessuale. Psicologia sociale, 13(2), 107-128.

 

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Commenti (2)

  1. Monia Vagni

    il tema della suggestionabilità dei minori vittime-testimoni è centrale nella loro valutazione forense. L’attenzione del perito deve essere data non solo al modo in cui i bambini rispondono alle domande suggestive e alle pressioni durante il loro ascolto, ma anche al rischio delle informazioni post evento, ovvero alla suggestionabilità differita. la suggestionabilità rimanda a caratteristiche individuali, motivo per il quale bambini con pari età e stesso grado di maturità cognitiva possono avere livelli di suggestionabilità differenti. I bambini risultano più vulnerabili a fattori di autorevolezza del loro intervistatore e di incertezza circa la loro prestazione; mentre gli adolescenti tendono a risultare più vulnerabili alle pressioni e alle critiche, portandoli a modificare le loro risposte in senso più suggestionato. In ambito forense i minori tendono ad essere più vulnerabili proprio perchè il contesto è più pressogeno, ma anche perchè ci sono aspettative personali e sociali diverse.
    Vi ringrazio per aver citato il mio articolo

    1. Maria Cristina Passanante

      Grazie a Lei dott.ssa per l’ottimo lavoro svolto 🙂

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