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Perché nasce Psicologia in Tribunale?

Psicologia in Tribunale nasce con l’idea di dar vita ad una Rete – professionale, competente e guidata da saldi principi etici e deontologici – che costituisca uno strumento pratico e di facile utilizzo: una sorta di bussola attraverso la quale l’utente possa orientarsi e farsi guidare per far fronte alle proprie necessità.

E al contempo, uno spazio di condivisione, confronto e divulgazione professionale e scientifica aperto agli psicologi giuridici che vorranno migliorare gli standard qualitativi del proprio agire professionale e quelli della psicologia forense nei suoi risvolti anche teorici.

Ai colleghi che hanno deciso di aderire a questo progetto, riconoscendosi negli obiettivi e sottoscrivendo il codice etico che ne è al fondamento, va il nostro ringraziamento.

Salvaguardare l’utenza attraverso una Rete di selezionati consulenti tecnici e contribuire ad innalzare gli standard etici e professionali della Psicologia Giuridica

Gli obiettivi del progetto

L’impegno della Rete di Psicologia in Tribunale è quello di assicurare che i nostri utenti possano sentirsi sicuri di affidarsi a professionisti esperti, quando, ad esempio, sono alla ricerca di un consulente tecnico di parte (CTP); quando debbano chiedere l’aiuto di un Mediatore Familiare o, più semplicemente, quando vogliano iniziare un percorso di sostegno psicologico o una psicoterapia, se sono stati vittime di un reato o di un illecito.

Allo stesso tempo, auspichiamo che i nostri colleghi possano trovare in questo luogo virtuale opportunità di condivisione, crescita e arricchimento professionale.

Lo Psicologo Forense

La Psicologia Giuridica e il ruolo dello Psicologo Forense

La Psicologia Giuridica è una branca della Psicologia che si occupa di quei cittadini – singoli, famiglie, gruppi e organizzazioni – che richiedono il riconoscimento dei propri diritti nel contesto della giustizia, sia nel caso in cui risultino coinvolti come autori che come vittime di reato.

Lo Psicologo Giuridico si trova a collaborare nel suo lavoro con figure professionali molto diverse fra loro, quali l’avvocato, il giudice e il pubblico ministero, per tutelare gli interessi delle parti in causa, sia nel ruolo di Perito/CTU che in quello di CTP.

Per ricoprire l’incarico di Perito e Consulente Tecnico d’Ufficio (CTU), il legislatore ha previsto che il consulente debba essere iscritto – in virtù della propria “speciale competenza tecnica” e della sua “specchiata moralità” -, oltre che al proprio albo professionale, agli appositi Albi (civile e penale), istituiti presso ogni Tribunale italiano.

Il CTU, nominato dal giudice, presta inoltre giuramento in merito alla diligenza e alla scrupolosità che garantirà di porre nel proprio lavoro.

Il Consulente Tecnico di Parte

Il CTP, Consulente Tecnico di Parte

Problemi formativi e normativi

Eguale attenzione non è stata dedicata dal legislatore al ruolo del Consulente Tecnico di Parte (CTP).

I contorni di questa figura professionale, pensata a tutela del diritto costituzionale di difesa, non sono stati definiti e circoscritti, né per quanto attiene alle competenze pratiche e metodologiche che deve saper maneggiare, né per quanto concerne le conoscenze procedurali e quelle del sistema in cui si trova ad operare e di cui deve essere in possesso.

Il legislatore indica che la scelta del CTP venga operata in virtù del criterio fiduciario tra professionista e parte processuale.

In altri termini, al Consulente Tecnico di Parte non è richiesta l’iscrizione ad un Albo, né una particolare abilitazione professionale.

E, malgrado l’importanza e la delicatezza del ruolo che ricopre per la parte, il CTP non è tenuto a prestare alcun giuramento.

Purtroppo, il rischio che questo incarico venga svolto senza una competenza specialistica adeguata in psicologia giuridica è ancora molto diffuso, con tutti i rischi di malpractice per impreparazione e negligenza etico-professionale.

Ancora più grave è la nomina di un CTP non psicologo, quando il quesito e l’indagine da svolgere richiedono competenze e atti professionali riservati allo psicologo, con la proliferazione di casi di abuso della professione psicologica.

A fronte di questo vulnus legislativo e a contrasto dei casi di malpractice, la Rete di professionisti che aderisce al progetto del portale di Psicologia in Tribunale ritiene essenziale che una “speciale competenza” e una “specchiata moralità” siano auspicabili anche per i  CTP.

“Buone prassi” e tutela dell’utenza

La competenza e l’etica professionale sono le basi essenziali per garantire il diritto dei cittadini, che non può essere lasciato all’improvvisazione o alla sola buona volontà di chi, pur addentro alla materia psicologica, non abbia una sufficiente conoscenza del quadro normativo, della cornice giuridico-forense e delle sue “buone prassi”.

Perché possedere buone competenze cliniche e capacità valutative è condizione necessaria per rivestire il ruolo di CTP, ma non sufficiente.

La Rete professionale che in questo progetto si riconosce richiama perciò con forza l’attenzione sull’importanza della responsabilità e della correttezza metodologica e deontologica che devono necessariamente guidare l’agire di chi presta la sua opera in ambito peritale.

Così come l’utilizzo di buone prassi è un valido presidio alla salvaguardia dei diritti dei cittadini, soprattutto dei più deboli, non è  pensabile, a nostro avviso, poter assumere incarichi in questo delicato e complesso ambito senza adeguate competenze, se pensiamo alle possibili conseguenze sulla vita affettiva, familiare, sociale delle persone coinvolte nelle consulenze.

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