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Mediazione familiare: strumento di prevenzione del maltrattamento infantile
07/11/2023 2024-11-18 14:52Mediazione familiare: strumento di prevenzione del maltrattamento infantile

Mediazione familiare: strumento di prevenzione del maltrattamento infantile
Annarita Calia
Psicologa clinica e giuridica, mediatrice familiare, corsista del corso di alta formazione Ruolo e Funzioni del Consulente Tecnico Psicologo in Ambito Minorile
La mediazione familiare presuppone un atteggiamento culturale di fondo basato sulla consapevolezza che nei momenti più critici del ciclo vitale di una famiglia, quale quello della separazione, i bisogni e le necessità di nuove modalità organizzative e relazionali funzionali al soddisfacimento evolutivo dei bisogni stessi, sono tali da non poter essere ricondotti esclusivamente a contesti di trattamento rigidi, formalizzati e obbligati, quali quello del diritto e della cura, che portano frequentemente, e paradossalmente, a cronicizzare la situazione di conflitto, anziché favorire un’attenuazione o risoluzione del medesimo. (Canavelli, 2000)
La Riforma Cartabia sostiene ed incentiva il ricorso all’istituto della mediazione familiare, rappresentando, pertanto, un’importante opportunità, a disposizione degli operatori della salute e delle famiglie stesse, di prevenzione del disagio psicologico, soprattutto infantile ed adolescenziale, e quindi un’occasione di promozione del benessere nelle varie fasi del ciclo di vita individuale, di coppia e della famiglia.
Nell’ambito di un percorso separativo, la mediazione familiare, come noto, è un percorso stragiudiziale che ha lo scopo di favorire la ricerca ed il mantenimento di accordi condivisi da entrambi i genitori sui temi della cura e dell’educazione dei figli, nel rispetto dei bisogni di tutte le persone coinvolte. Rappresenta un aiuto per superare un evento traumatico che ha originato il conflitto e per trasformare questa esperienza in una occasione di crescita personale.
Quando la mediazione è vietata
Quando non si interviene per tempo, quando l’escalation conflittuale sta già espletando i suoi danni, o quando forme di violenza sono già conclamate fin dall’origine, non c’è spazio per mediare.
Il ricorso allo strumento della mediazione è infatti vietato laddove vi sia l’esistenza di episodi di abusi familiari o di condotte di violenza domestica o di genere poste in essere da una parte nei confronti dell’altra o dei figli minori, o quando gli stessi insorgano durante il percorso di mediazione, al punto che il professionista ha l’obbligo di interrompere la sua attività e quindi il percorso.
Il novellato art. 473-bis.43 cod. proc. civ. sancisce, difatti, che:
“E’ fatto divieto di iniziare il percorso di mediazione familiare quando è stata pronunciata sentenza di condanna o di applicazione della pena, anche in primo grado, ovvero è pendente un procedimento penale in una fase successiva ai termini di cui all’articolo 415-bis del codice di procedura penale per le condotte di cui all’articolo 473-bis.40, nonché quando tali condotte sono allegate o comunque emergono in corso di causa. 2. Il mediatore interrompe immediatamente il percorso di mediazione familiare intrapreso, se nel corso di esso emerge notizia di abusi o violenze”
E’ vietato, quindi, espressamente, intraprendere un percorso di mediazione familiare quando è stata pronunciata una sentenza di condanna per violenza familiare o di genere o il relativo processo è in corso.
In tali situazioni risultano necessari percorsi di presa in carico da parte dei contesti giudiziari e di tutti i servizi interessati per un proficuo e multidisciplinare lavoro di rete.
Negli altri casi, tuttavia, laddove sussista ancora spazio per ricomporre il conflitto, per prevenirne l’escalation, sarebbe auspicabile un intervento precoce e preventivo. Un aiuto mirato specifico fornito precocemente in un momento strategico è infatti più efficace di un intervento più esteso fornito in un periodo di minor accessibilità emotiva. Con il passare del tempo, infatti, il repertorio di possibilità si restringe, le posizioni si inaspriscono e gli atteggiamenti si fanno più inflessibili.
L’evento della separazione nel contesto familiare
A partire dagli anni ’70, grazie soprattutto al contributo di Jay Haley, i clinici hanno iniziato a concentrare il loro interesse sui momenti di passaggio da una fase all’altra dello sviluppo familiare e sulle eventuali difficoltà che la famiglia può incontrare. La famiglia ha un proprio ciclo di vita, che è qualcosa di diverso e di più rispetto alla somma dei cicli di vita individuali dei suoi membri.
E’ emerso, in particolare, che lo stress familiare si acuisce nelle fasi di transizione da uno stadio all’altro del ciclo di vita: la famiglia si trova a dover fronteggiare una crisi che, per essere risolta, richiede il riadattamento degli schemi familiari, delle relazioni, della struttura stessa.
E’ il caso, per esempio, della separazione tra coniugi che, in caso di presenza di figli, comporta, tra l’altro, una doppia separazione, vale a dire tra i coniugi e tra genitori e figlio. Nonostante la rottura del sottosistema coniugale, che comporta per la coppia l’elaborazione del divorzio psichico, e del fallimento del legame, con il riconoscimento da parte di ognuno del proprio contributo al fallimento stesso, permane tuttavia il sottosistema genitoriale, per il quale è necessario che gli ex coniugi continuino a riconoscersi nei loro ruoli di genitori, rispettandosi reciprocamente. In entrambi i casi è necessaria una riorganizzazione delle relazioni familiari.
La successione degli eventi che la famiglia si trova a dover affrontare, può, tuttavia, essere modificata e interrotta al verificarsi di determinate circostanze ed è proprio in caso di interruzioni o deviazioni del processo evolutivo che possono comparire più facilmente sintomi patologici.
Quando una separazione diventa conflittuale
Raramente le coppie sono in grado di affrontare l’evento critico della separazione senza cadere nella conflittualità e nell’incapacità di giungere ad un accordo finalizzato alla migliore tutela degli interessi dei figli, relativamente alle questioni economiche, di diritto di visita, di condivisione delle decisioni che coinvolgono la prole.
Sebbene il conflitto possa considerarsi fisiologico all’interno di una separazione, è l’escalation dello stesso a rompere gli argini che contengono una sua sana evoluzione verso forme di comunicazione e di interazione efficace.
Per quanto, infatti, la dimensione conflittuale sia radicata nel processo separativo, scopo di un intervento precoce è quello di prevenire l’escalation di tale conflittualità, che si insinua nelle pieghe familiari compromettendo il benessere di tutti i componenti del nucleo stesso, in primis dei figli.
Una separazione gravemente conflittuale sfugge dal controllo della coppia genitoriale e porta a modalità di interazione distruttive e disfunzionali nel tempo, a causa di una mancata ed adeguata elaborazione dell’evento separativo e delle emozioni ad esso sottese, mettendo a rischio il benessere psicofisico dei figli, che diventano spesso oggetto di triangolazioni, di trascuratezza nei loro bisogni primari tra i quali il bisogno di rassicurazione e di un clima sereno e cooperativo avulso da denigrazioni reciproche e da colpi bassi tra genitori.
I figli, nelle separazioni gravemente conflittuali, sono quelli che più ne soffrono e che più ne fanno le spese.
Effetti di una separazione conflittuale sui minori
Molti studi hanno dimostrato che i bambini che vivono una separazione caratterizzata da conflitti continui, coinvolti, pertanto, in una vera e propria guerra domestica, possono vivere livelli di sofferenza tali da vedere compromesso il loro diritto ad un sano sviluppo psicofisico. Tali minori hanno maggiori probabilità di sviluppare disturbi dell’umore, come ansia e depressione, e difficoltà a creare relazioni sane e stabili in futuro.
Il clima conflittuale può anche influire negativamente sul rendimento scolastico dei bambini, che possono avere difficoltà a concentrarsi, a causa dell’ansia e dello stress causati dalla situazione familiare. I minori, inoltre, possono sentirsi spesso divisi tra i genitori e avere difficoltà a stabilire un senso di appartenenza e di identità.
La violenza verbale o fisica che può verificarsi durante una separazione conflittuale può creare un ambiente di pericolo e di paura per i bambini.
L’esposizione costante e massiccia ad episodi conflittuali, l’esposizione ripetuta nel tempo, può assumere le caratteristiche di abuso o maltrattamento grave quanto altre forme di maltrattamento fisico o di abuso, esponendo i minori ad una condizione di sofferenza e di rischio psicopatologico elevati.
È importante che i genitori riconoscano precocemente l’impatto che la separazione può avere sui loro figli e che lavorino insieme per creare un ambiente amorevole e sostenitivo. Solo attraverso la cooperazione potranno proteggere i bambini dai danni derivanti da una separazione conflittuale.
La mediazione come risorsa
“In queste situazioni, conseguentemente, l’obiettivo primario dell’intervento è quello di introdurre flessibilità e promuovere la capacità di porsi in una posizione autoriflessiva per cogliere la sofferenza del figlio. Questo scopo potrà essere perseguito attraverso percorsi finalizzati a far crescere la dimensione genitoriale nello spazio mentale dei membri della coppia…” (CISMAI, 2019), prima che intervenga conflittualità conclamata e che la sua conseguente esclation porti a situazioni irreversibili e irrimediabili.
Uno degli obiettivi centrali della mediazione familiare è il raggiungimento della cogenitorialità (o bigenitorialità) ovvero la salvaguardia della responsabilità genitoriale individuale nei confronti dei figli, in special modo se minori.
La mediazione familiare permette ai genitori di discutere delle questioni relative alla separazione in un ambiente neutrale e guidato da un mediatore professionista. Il mediatore familiare mira a facilitare la comunicazione tra i genitori, promuovendo il loro coinvolgimento pieno e attivo nella vita dei figli, e cercando di trovare soluzioni che siano rispettose e adeguate per tutte le parti coinvolte.
Nel tempo e nel luogo della mediazione ognuno ha diritto di esprimere la propria opinione e i propri bisogni e ha diritto che vengano ascoltati. Il terzo neutrale aiuta a far emergere emozioni, a sviscerarle e ad elaborarle, in modo tale che non residuino sentimenti di rabbia e di rancore, che sono poi quelli che alimentano il conflitto e l’escalation dello stesso, nonché le rivendicazioni e le reciproche ripicche.
Grazie al mediatore, che riveste un ruolo di ascoltatore empatico e non giudicante, e soprattutto super partes, i coniugi possono raggiungere determinati benefici sia a livello individuale, conseguendo una maggiore consapevolezza delle conseguenze personali derivanti dalla separazione e un maggiore rispetto di sé e dell’altro, nonché una ridefinizione del proprio ruolo di genitore separato, sia a livello relazionale, riducendo il conflitto e migliorando la comunicazione di coppia, mediante un riconoscimento dei bisogni, sia dei genitori che dei figli, attraverso una condivisione delle reciproche responsabilità.
La mediazione, aiutando i genitori, contribuisce indirettamente, ma nel modo più naturale, a migliorare le condizioni di vita dei figli.
Facilitando una comunicazione efficace, promuovendo il coinvolgimento parentale, attenuando lo stress familiare e orientandosi verso l’interesse superiore del minore, questa forma di intervento favorisce una sana dinamica familiare e riduce il rischio di abusi, rappresentando un prezioso strumento di prevenzione delle conseguenze di tale conflittualità su un sano sviluppo psicofisico dei bambini, e sul possibile rischio di sfociare in forme di maltrattamento.
È fondamentale quindi promuovere una maggiore consapevolezza riguardo al problema delle separazioni conflittuali e dei danni a cui possono esporre i minori coinvolti, attraverso l’educazione, la sensibilizzazione e una maggiore diffusione di strategie di mediazione familiare.
“L’itinerario della mediazione familiare è un percorso per procedere al di là della frattura, contenendo la portata distruttiva della discordia e canalizzando le risorse familiari in senso generazionale” (Parkinson e altri, 2013).
Bibliografia
Canevelli F., Lucardi M. (2000), La mediazione familiare. Dalla rottura del legame al riconoscimento dell’altro, Torino, Bollati Boringhieri
CISMAI, 2019. Criteri e metodologie di intervento per la tutela dei minorenni nelle separazioni gravemente conflittuali, https://cismai.it/assets/uploads/2021/01/Separazioni-Conflittuali_CISMAI-3.pdf
Giuliani C. (1999), “Il conflitto: ostacolo e opportunità lungo il percorso evolutivo della famiglia”, in Mediazione Sistemica, Bassoli F., Mariotti M., Frison R., Bari, Edizioni Sapere
Johnston, J.R., Roseby, V. e Kuehnle, K. (2009), In the Name of the Child. Understanding and Helping Children of Conflict, Springer Publishing Company
Montecchi F. (2016) Dal bambino minaccioso al bambino minacciato. Gli abusi e la violenza in famiglia: prevenzione, rilevamento e trattamento, Milano, Franco Angeli
Parkinson L., Marzotto C., Salvagni G., Largaiolli M. (2013), La mediazione familiare, modelli e strategie operative, Trento, Erickson.
Pruett, M.K. e Di Fonzo, J.H. (2009), Collaborative Divorce: The Revolutionary New Way to Restructure Your Family, Resolve Legal Issues, and Move on With Your life, New York, Simon and Schuster.

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