Ultimi Commenti
Un confronto stimolante su un tema ampiamente dibattuto, da posizioni differenti. I contributi sono stati esaustivi e appropriato alla tematica…
Salve, oggi ,2 Agosto , cliccando sul link, il bando non c'è più. Come posso fare per vederlo? Stavo compilando…
Di sicuro ci sono le motivazioni di cui alla Vs scienza. Purtroppo il giuridichese è un altro mondo: si corre…
A .io parere qua do un giovane o più giovani commettono i reati che normalmente commette la Baby Gang non…
Riflessioni sul concetto di bigenitorialità: tra principi teorici e realtà relazionali
17/11/2024 2024-11-17 18:40Riflessioni sul concetto di bigenitorialità: tra principi teorici e realtà relazionali

Riflessioni sul concetto di bigenitorialità: tra principi teorici e realtà relazionali
Maria Rita Accatino
Psicologa giuridico forense, Psicoterapeuta
In oltre quarant’anni di lavoro nel campo delle problematiche familiari contenziose, sia come Consulente Tecnico (CTU/CTP) che come psicoterapeuta, ho avuto modo di osservare da vicino il dolore di figli e genitori coinvolti in dinamiche di separazione e conflitto.
Ho assistito all’evoluzione delle condizioni familiari, al mutare della qualità dell’impegno genitoriale e all’introduzione di nuovi concetti e terminologie, spesso derivati dall’inglese. Ho visto il susseguirsi di cambiamenti normativi e giuridici, ma nonostante tutto, il nucleo delle problematiche resta invariato.
La separazione continua a generare ferite narcisistiche, rabbia e desideri di vendetta, spesso canalizzati attraverso il figlio come strumento di conflitto contro l’ex partner. I figli, inevitabilmente, si trovano al centro di queste dinamiche, costretti a navigare tra richieste implicite, spesso celate dietro discorsi apparentemente innocui come: “Sa tutto, ha visto tutto”.
Questo fenomeno, oggi definito caught in the middle, è particolarmente evidente nei casi di genitori emotivamente instabili, incapaci di controllare le proprie pulsioni. Le manifestazioni di violenza variano: dall’aggressività verbale e umiliante, fino alla violenza fisica, purtroppo ancora troppo frequente, come riportano le cronache quotidiane.
Anche situazioni legate a problematiche psichiche dei genitori spesso si traducono in comportamenti che coinvolgono i figli in maniera disfunzionale, alimentando una confusione interiore che può compromettere profondamente lo sviluppo dell’identità. I bambini crescono vivendo una dolorosa dicotomia affettiva, un’abitudine alla scissione emotiva che avrà ripercussioni a lungo termine sulla loro capacità di adattamento e relazione.
Un aspetto critico è che i comportamenti violenti osservati in famiglia diventano modelli appresi dai figli, influenzando negativamente la loro formazione. Il legislatore, riconoscendo l’importanza di una relazione significativa con entrambi i genitori, ha introdotto il concetto di bigenitorialità, sancendo il diritto del minore di mantenere un legame con entrambi i genitori. Tuttavia, questo principio, pur corretto e auspicabile in situazioni prive di conflittualità estrema, rischia di essere applicato in modo astratto e standardizzato in contesti problematici.
La bigenitorialità, se imposta in situazioni di violenza o inadeguatezza relazionale, può risultare dannosa per il minore, trasformandosi in un’applicazione forzata di un principio teorico. Un esempio emblematico è rappresentato dalla controversa teoria della Sindrome da Alienazione Parentale (PAS), oggi ampiamente criticata e ritenuta non scientifica da numerosi organismi, inclusi la Cassazione e l’Ordine degli Psicologi. Nonostante ciò, concetti derivati dalla PAS continuano a influenzare alcune decisioni, come l’inserimento forzato dei bambini in case famiglia per “rieducarli” a rapportarsi con il genitore rifiutato, ignorando il trauma che questa separazione comporta.
La vera tutela del minore richiede una valutazione approfondita delle relazioni familiari e delle emozioni coinvolte, evitando generalizzazioni che non considerano la specificità di ogni caso. La forzatura di una bigenitorialità “a ogni costo” può causare più danni che benefici, specialmente quando il genitore coinvolto ha storie di violenza o gravi lacune relazionali.
È fondamentale promuovere percorsi di elaborazione delle criticità relazionali, senza ricorrere ad azioni estreme che rischiano di essere percepite dal minore come un’ulteriore forma di violenza. Le decisioni devono essere orientate non solo al rispetto formale dei diritti, ma soprattutto al benessere psicologico ed evolutivo del bambino.
Solo un approccio che metta al centro il minore e le sue necessità può favorire una crescita equilibrata, evitando di trasformare un principio teorico, per quanto valido, in una forma di accanimento che produce traumi e sofferenze anziché soluzioni.

Maria Rita Accatino
Psicologa Giuridica e Forense. Psicoterapeuta.
Iscritta all’Ordine degli Psicologi del Lazio, sezione A, n. 1817.
Iscritta all’Albo dei Consulenti Tecnici e dei Periti d’Ufficio del Tribunale Civile e Penale di Roma, del Tribunale per i Minorenni di Roma e della Procura di Latina.

Il Coming Out Day: celebrazione del coraggio e dell’autenticità

Nonni e nipoti: un legame da tutelare

Sentenza Lucia Regna: maltrattamenti in famiglia

25 settembre: sogna con noi la fine dei conflitti

Prevenire i suicidi in carcere: tra dolore psicologico e responsabilità istituzionale

Ho seguito con molto interesse la formazione "La sottrazione di minore. Aspetti giuridici e sociali" e ci tengo a fare…