Ricercatore di Diritto penale nel Dipartimento di Scienze politiche e sociali dell’Università di Catania, insegna nei corsi di Sociologia e Servizio Sociale e Management della pubblica amministrazione. Si è a lungo occupato dei temi della responsabilità penale dei minorenni, del diritto penale dell’immigrazione, della responsabilità sanitaria. Autore di numerose pubblicazioni.
Il c.d. decreto Caivano (il decreto-legge 15.9.2023, n. 123, convertito, con modificazioni, nella legge 13.11.2023, n. 159) è stato adottato dal Governo in occasione di un gravissimo fatto di cronaca avvenuto in quel Comune del napoletano (la violenza sessuale ai danni di due bambine nel parco cittadino), sul presupposto, fra gli altri, dell’esigenza di contrastare la criminalità minorile.
Il decreto si connota per la sua natura “ancipite”, nel senso che, accanto a misure di tipo educativo (volte a superare il disagio e la vulnerabilità sociali) e di recupero delle condizioni di degrado del contesto, sono state approntate soluzioni di natura repressiva: fra le varie, in particolare, per quanto concerne la disciplina del processo penale a carico di imputati minorenni, l’incremento dei casi in cui è possibile ricorrere all’arresto in flagranza, al fermo dell’indiziato di delitto e all’adozione delle misure cautelari, nonché la preclusione dell’accesso alla messa alla prova per reati di speciale gravità (come l’omicidio aggravato e la violenza sessuale aggravata); preclusione peraltro “compensata” dalla previsione di un “percorso di rieducazione del minore” disciplinato nell’art. 27-bis D.P.R. 448/1988.
Concentrandosi su questi profili processual-penalistici, bisogna considerare la connotazione prevalentemente simbolica della maggior parte di tali innovazioni, visto che, pur essendo stato aumentato l’ambito applicativo delle misure sia cautelari che c.d. pre-cautelari, è stato mantenuto il carattere facoltativo del ricorso alle medesime: con la conseguenza che, a livello operativo, l’autorità giudiziaria e quella di polizia potrebbero “sterilizzare” le modifiche semplicemente mantenendo un approccio molto selettivo nell’adozione dei provvedimenti sopra indicati.
Formalmente preclusiva è, invece, la modifica realizzata nella disciplina della messa alla prova, da ritenersi, di fatto, non particolarmente necessaria – poiché difficilmente, per reati tanto gravi quali quelli per i quali è stato previsto il nuovo regime ostativo, i giudici hanno applicato nel passato il rimedio – e, di diritto, contraddittoria con la connotazione accentuatamente individualistica che ha caratterizzato la regolamentazione del processo penale minorile dal 1988 ad oggi. Le preclusioni di matrice oggettiva, infatti, inibiscono quella valutazione sulla personalità del minorenne che dovrebbe costituire la ratio del tipo di intervento da adottare nei suoi confronti, indipendentemente dall’illecito commesso, che, molte volte, è più sintomo di un disagio, anche qualora il fatto sia di particolare consistenza, che non di una scelta delinquenziale.
Al di là degli aspetti giuridici, il punto principale è che la criminalità minorile va contrastata, prioritariamente, attraverso le misure lato sensu educative o di riqualificazione ambientale, come, in effetti, in questo decreto è stabilito, mantenendo la residualità dell’aspetto repressivo, che è già presente in modo adeguato nella legislazione penale vigente.
Buongiorno mi scuso per l'invio errato del messaggio precedente che ho letto erroneamente rivolto a me non essendo avvezza al…