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I bambini ci guardano

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Psicologia Giuridica

I bambini ci guardano

Laura Monteleone
psicologa giuridica della Rete di Psicologia in Tribunale

Il titolo del film di Vittorio De Sica, girato nel 1943, I bambini ci guardano, rende immediatamente, attraverso un’immagine, l’idea di come le azioni dei grandi sono viste dagli occhi dei bambini e come le conseguenze emotive incidono fortemente nel processo psichico di crescita.

Chi più dei bambini sono vittime innocenti? Soggetti indifesi che subiscono passivamente la violenza dei grandi. Oggi, siamo spettatori di guerre che in tutto il pianeta hanno come sempre vittime privilegiate i bambini, che fuggono, muoiono, si adattano alla solitudine e vivono la sopraffazione sulla propria carne e nella propria anima. Vittime le cui afflizioni rimarranno sempre presenti nella loro psiche.

La storia della nostra civiltà è costellata da azioni violente su giovani vittime. Da Erode ai lager, dallo sfruttamento del lavoro minorile alla prostituzione in Asia e nel mondo, come anche in casa nostra, dalla pedofilia alle violenze subite dai minori in ambito familiare, l’accanimento su esseri inermi e innocenti, quali sono i bambini, appare essere un fenomeno trasversale a livello geografico, storico, sociale e culturale.

Il dolore che affligge i bambini in tutto il mondo per gli abusi fisici, mentali ed emotivi è più diffuso di quanto si possa immaginare, e produce importanti e spesso drammatiche conseguenze sulla personalità e sulla salute dei futuri adulti. Secondo l’OMS, Organizzazione Mondiale della Sanità, nel mondo 3 bambini su 4 hanno subito qualche forma di violenza. In Italia non esistono statistiche precise a riguardo, ma la condizione di vita dei minori non si discosta molto da quelle internazionali.

Cosa si intende per abuso?

L’abuso all’infanzia può essere definito come un comportamento, volontario o involontario, agito da adulti (parenti, tutori, conoscenti o estranei), che danneggia in modo grave lo sviluppo psicofisico e/o psicosessuale di un bambino.

Il comportamento abusante costituisce tutto ciò che impedisce la crescita armonica del minore, non rispettando i suoi bisogni e non proteggendolo sul piano fisico e psichico. Sono comportamenti abusanti quei comportamenti di tipo commissivo, cioè i maltrattamenti di ordine fisico, sessuale o psicologico, ma anche quelli di tipo omissivo, determinati dall’incapacità di fornire cure adeguate a livello materiale ed emotivo alla prole.

La violenza sui minori si rappresenta come un prisma dalle tante sfaccettature, all’interno del quale di osservano non solo gli abusi fisici o sessuali, ma anche i maltrattamenti di tipo extra sessuale come, ad esempio, l’incuria, l’ipercuria, la discuria, e tutte le forme di violenza intra familiare che ledono la psiche del bambino, compromettendone il normale sviluppo affettivo, emotivo e di personalità.

Il denominatore comune della violenza sui minori è un rapporto cosciente o inconscio di strumentalizzazione del bambino da parte del mondo adulto, reso possibile dalla superiorità fisica o psichica dell’adulto stesso, dal quale la vita del fanciullo dipende.

Le violenze psicologiche agiscono sulla personalità in maniera insidiosa e subdola in quanto vanno a sminuire e a togliere valore al soggetto nel processo di costruzione della propria identità.

La mancanza di empatia, di compassione e di amore genitoriale, la completa perdita delle figure di riferimento del proprio passato, fa sì che il figlio sia vittima delle stesse violenze che hanno deviato il genitore. Il clima di violenza che si determina all’interno delle mura domestiche è fortificato e/o rinforzato da sentimenti di omertà e vergogna, causati dal fatto che all’interno della coppia genitoriale troppo spesso si innesca un rapporto regolato dal ‘segreto’ e dal ‘silenzio’.

Chi commette violenza su un bambino perde il sentimento della compassione, perde ogni caratteristica che fa di lui un essere empatico e umano. L’adulto violento è un adulto che perde se stesso.

La violenza intrafamiliare

La forma più classica di abuso sul minore è un tipo di violenza dove non è sempre presente l’abuso sessuale, ma vere e proprie violenze fisiche e psicologiche che rendono il bambino pedina nelle mani di genitori inadeguati.

La violenza presuppone sempre un non riconoscimento dei bisogni del bambino, del suo diritto ad essere se stesso, è la risposta negativa alle esigenze del minore in funzione del bisogno dell’adulto. Doppia violenza è la punizione repressiva alla risposta difensiva del bambino, dove l’adulto restituisce al bambino un vissuto di trasgressione colpevole alle norme funzionali alle esigenze dell’adulto stesso.

L’assenza di un’esperienza di tipo familiare buona, dalla nascita e per i primi 4-5 anni di vita, impedisce la maturazione basilare della personalità, andando ad interferire negativamente sul processo che porta dalla simbiosi psichica iniziale alla differenziazione dell’individuo, che sola consente di entrare in relazione con la propria alterità interna e con l’altro nella relazione attraverso l’interiorizzazione di un “oggetto buono” ovvero l’interiorizzazione di figure di accudimento adeguate. La capacità di entrare in relazione con l’altro è, infatti, il frutto di una storia relazionale positiva, il frutto di quelle esperienze di rapporto e di comunicazione che al bambino è dato di vivere fin dall’inizio della sua esistenza con persone che lo accolgono, lo amano, e gli permettono di sperimentare un ambiente adeguato ai suoi bisogni formativi.

Quando un’azione violenta si traduce in trauma

Sul piano psicoanalitico, il trauma psichico è messo in relazione alle caratteristiche e alle capacità dell’apparato mentale, sistema che tende a mantenere un equilibrio costante, riorganizzando, continuamente, gli stimoli provenienti dal mondo esterno. Nel trauma, però, compreso quello infantile, gli stimoli assumono un’estrema intensità. Quando un bambino subisce abusi o violenze non riesce, all’interno del suo mondo psichico, a ristabilire quell’equilibrio violentemente alterato da simili episodi. Si verifica, allora, un trauma, ancor più grave perché colpisce una mente in età evolutiva. Il trauma, infatti, attiva dei meccanismi inconsci di difesa. Si verifica, in particolare, il fenomeno della rimozione. L’individuo, soprattutto se in età infantile, cerca di respingere nell’inconscio i pensieri, le immagini e i ricordi legati al trauma.

La legge punisce queste azioni, ma è pur vero che il male oscuro che agisce nelle persone che abusano bambini richiede un’attenzione specialistica e terapeutica specifica. Un lavoro importante di prevenzione implica una molteplicità di approcci e metodi rivolti alla famiglia, al bambino ed alla società. Non è sufficiente che una legge, come la n. 184/83, affermi il diritto dei minori ad essere amati per poter diventare adulti sani e socializzati: nessuna legge può obbligare ad amare, ma può imporre gli strumenti che garantiscono il rispetto dei diritti del bambino, consentendogli, attraverso tanti presidi messi a sua disposizione, di crescere in maniera armonica e psichicamente sana.

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