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Disegno di Legge Roccella: prime impressioni e chiaroscuri

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La parola all'Avvocato

Disegno di Legge Roccella: prime impressioni e chiaroscuri

Roberto D’Amico

Avvocato Cassazionista, membro del Comitato Tecnico Scientifico di Psicologia in Tribunale.


Con atto n. 923 il Senato della Repubblica ha definitivamente approvato il disegno di legge presentato dal ministro per la famiglia, la natalità e le pari opportunità e già provato dalla Camera dei Deputati il 26 ottobre 2023.

Il provvedimento licenziato si compone di 19 articoli dedicati al rafforzamento delle misure in tema di ammonimento e di informazione alle vittime, al potenziamento delle misure di prevenzione, alla formazione dei ruoli di udienza e trattazione dei processi, alla trattazione  degli affari nella fase cautelare, alle attribuzioni del procuratore della Repubblica, alle ulteriori iniziative in materia di contrasto della violenza delle donne e domestica, ai termini per la valutazione delle esigenze cautelari, a nuovi effetti della violazione degli ordini di protezione contro gli abusi familiari, al cosiddetto arresto in flagranza differita, a disposizioni in materia di allontanamento d’urgenza dalla casa familiare, al rafforzamento delle misure cautelari e dell’uso del braccialetto elettronico, ad ulteriori disposizioni in materia di misure cautelari coercitive, alle informazioni alla persona offesa dal reato e di obblighi di comunicazione, a nuove disposizioni in materia di sospensione condizionale della pena, alla materia dell’indennizzo in favore delle vittime di reati intenzionali violenti, alla provvisionale a titolo di ristoro a favore delle vittime e degli aventi diritto, al riconoscimento degli enti e delle associazioni organizzatori di percorsi di recupero destinati agli autori di reato.

Un provvedimento articolato e corposo, dunque, resosi necessario, e, per la verità, sulla scia della Legge 15 ottobre 2013 n. 19 che già aveva “ritenuto che il susseguirsi di eventi di gravissima efferatezza in danno di donne e il conseguente allarme sociale derivatone rendesse necessari interventi urgenti volti a inasprire, per finalità dissuasive, il trattamento punitivo degli autori di tali fatti, introducendo, in determinati casi, misure di prevenzione finalizzate alla anticipata tutela delle donne e di ogni vittima di violenza domestica; e considerato, altresì, necessario affiancare con urgenza ai predetti interventi misure di carattere preventivo da realizzare mediante la predisposizione di un piano di azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere, che contenga azioni strutturate e condivise, in ambito sociale, educativo, formativo e informativo per garantire una maggiore e piena tutela alle vittime”, a fronte dei numerosi episodi che hanno occupato e, purtroppo, continuano ad occupare, la cronaca quotidiana (alla cadenza, sembra assurdo ed impensabile, di cinque vittime ogni ora!).

All’art. 1 del provvedimento in commento viene così previsto che “nei casi in cui alle forze dell’ordine sia  segnalato  un  fatto che debba ritenersi riconducibile al reato di cui  all’articolo  581, 582, 610, 612 secondo comma, 612 bis, 612 ter, 614, 635 del codice penale, consumati o tentati, nell’ambito di violenza domestica, il questore, anche in assenza di  querela, può procedere, assunte le informazioni necessarie da parte degli organi investigativi e sentite le persone informate dei fatti, all’ammonimento dell’autore del fatto. Ai fini del presente articolo si intendono per violenza domestica tutti gli atti, non episodici o commessi in presenza di minorenni di violenza fisica, sessuale, psicologica o economica che si  verificano all’interno della famiglia o del nucleo familiare o tra attuali o precedenti coniugi o persone legate da relazione affettiva in corso o pregressa, indipendentemente dal fatto che l’autore di tali atti condivida o abbia condiviso la stessa residenza con la vittima.

Del pari, al comma 5 della medesima legge, viene prevista l’estensione ai fatti che costituiscono reato ai sensi degli artt. 581, 582, 610, 612, secondo comma, 614 e 635 del codice penale.

Dopo l’art. 5 bis sono aggiunti i seguenti: 

5 ter. I provvedimenti emessi ai sensi del presente articolo e dell’art. 8 della legge 23 Aprile 2009 numero 38, possono essere revocati su istanza dell’ammonito non prima di tre anni dalla loro emissione, valutata la partecipazione del soggetto a percorsi di recupero ed ai relativi esiti.

5 quater. Le pene per i reati di cui agli articoli 581, 582, 610, 612 secondo comma, 612 bis, 612 ter, 614 e 635 del codice penale sono aumentate se il fatto è commesso nell’ambito di violenza domestica da soggetto già ammonito anche nei confronti di persona offesa diversa da quella già tutelata con altro ammonimento.

5 quinquies. Si procede d’ufficio per i reati previsti dagli articoli 581, 582 primo comma, 610, 612 secondo comma (minaccia grave) 612 bis, 612 ter, 614 primo e secondo comma e 635 del codice penale, se il fatto è commesso nell’ambito di violenza domestica da soggetto già attinto da ammonimento anche nei confronti di persona offesa diversa da quella già tutelata con altro ammonimento.

Dopo l’art. 3 della legge 15 ottobre 2013 numero 119 è inserito l’art. 3.1 (particolari tutele alle vittime) secondo cui l’organo di polizia che procede a seguito di denuncia o querela per fatti di cui all’art. 362 comma 1 ter del codice di procedura penale commessi in ambito di violenza domestica (a titolo esemplare, ma non certo esaustivo, violenza sessuale o “stalking”) qualora emergano in prima analisi concreti e rilevanti elementi di pericolo di reiterazione della condotta, ne dà comunicazione al prefetto che può adottare misure di cosiddetta vigilanza dinamica a tutela della persona offesa.

Viene modificato l’art.8 del decreto legge 23 febbraio 2009 n. 11 convertito nella legge 23 aprile 2009 n. 38 nel senso, al comma 1, che “fino  a  quando  non e’  proposta  querela  per i reati di cui agli articoli  612-bis e 612 ter  del codice penale, la  persona  offesa  può esporre  i fatti all’autorità di pubblica sicurezza   avanzando   richiesta  al  questore  di  ammonimento  nei confronti dell’autore della condotta. La richiesta è trasmessa senza ritardo al questore.” 

Nonché al comma 3, sempre dell’art. 8 della legga citata, viene esteso l’aumento di pena se il fatto è commesso da soggetto già ammonito ai sensi del presente articolo, anche se la persona offesa è diversa da quella per cui la tutela ha previsto l’ammonimento.

Il comma 4 del medesimo art. 8 così sostituito prevede la procedibilità d’ufficio per i delitti previsti dagli articoli 612 bis e 612 ter quando il fatto è commesso da soggetto ammonito ai sensi del presente articolo anche se la persona offesa è diversa da quella per la cui tutela è stato già adottato l’ammonimento.

Altre norme (art. 2 del provvedimento licenziato) riguardanti il potenziamento delle misure di protezione vengono di fatto subordinate alla “reale, relativa fattibilità tecnica” e non più, come già previsto, alla concreta disponibilità dei relativi dispositivi per l’applicazione delle stesse; il che, sia consentito a chi scrive, pone non pochi problemi sulla “affidabilità” di tali mezzi di protezione.

Altre norme attengono all’inasprimento della misura di prevenzione adottata in caso di mancato consenso da parte dell’interessato.

All’art. 3 viene dato invece risalto alla priorità in materia di formazione dei ruoli e trattazione dei processi anche (art. 4) nella fase cautelare. Ai dirigenti degli uffici viene dato mandato di adottare i provvedimenti organizzativi necessari a tale scopo.

All’art. 5 viene prevista l’individuazione di magistrati requirenti specializzati nella trattazione di processi in materia di violenza contro le donne e di violenza domestica, anche in caso di delega di funzioni.

 All’art. 6 vengono individuate iniziative formative in materia di contrasto della violenza sulle donne e della violenza domestica in conformità agli obiettivi della convenzione del Consiglio d’Europa in tal senso fatta ad Istanbul nel 2011 e ratificata in Italia con la legge 27 giugno 2013 n. 77 per tutti gli operatori che a vario titolo entrano in contatto con vittime di violenza di genere; vengono individuate altresì iniziative formative specifiche in materia di contrasto al fenomeno.

 Con l’art. 7 viene introdotto l’art. 362 bis del codice di procedura penale a mente del quale: “qualora si proceda per il delitto di cui all’articolo 575, nell’ipotesi di delitto tentato, o per i delitti di cui agli articoli 558 bis, 572, 582, nelle ipotesi aggravate ai sensi degli articoli 576 primo comma numeri 2,5 e 5.1 e 577 primo comma numero 1 e secondo comma, 583 bis, 583 quinquies, 593 ter, da 609 bis a 609 octies, 610, 612, secondo comma, 612 bis, 612 ter 613 terzo comma del codice penale consumati o tentati, commessi in danno del coniuge, anche se separato o divorziato, della parte dell’unione civile o del convivente o di persona che è stata legata o è legata da relazione affettiva ovvero di prossimi congiunti, il pubblico ministero, effettuate le indagini ritenute necessarie, valuta, senza ritardo e comunque entro 30 giorni dall’iscrizione del nominativo della persona nel registro delle notizie di reato, la sussistenza dei presupposti di applicazione delle misure cautelari. In ogni caso, qualora il pubblico ministero non ravvisi i presupposti per richiedere l’applicazione delle misure cautelari nel termine di cui al comma uno, prosegue nelle indagini preliminari. Il giudice provvede in ordine alla richiesta di cui al comma 1 con ordinanza da adottare entro il termine di 20 giorni dal deposito dell’istanza cautelare presso la cancelleria”.

L’art.8 del disegno di legge in commento riguarda l’obbligo da parte del procuratore generale presso la Corte d’appello di acquisire ogni tre mesi dalle procure della Repubblica del distretto i dati sul rispetto dei termini relativi ai procedimenti di cui all’art. 362 bis del codice di procedura penale con obbligo di comunicare al procuratore generale presso la Cassazione la relativa relazione ogni sei mesi.

L’art. 9 apporta delle modifiche e aggravanti di pena relativamente alla violazione degli ordini di protezione contro gli abusi familiari.

L’art. 10 istituisce il cosiddetto arresto in flagranza differita ai sensi dell’art. 382 bis del codice di procedura penale nei casi di cui agli articoli 387 bis, 572 e 612 bis del codice penale. Si considera comunque in stato di flagranza colui il quale, sulla base di documentazione video fotografica o di altra documentazione legittimamente ottenuta da dispositivi di comunicazione informatica o telematica dalla quale emerga inequivocabilmente il fatto, ne risulta autore, sempre che l’arresto sia compiuto non oltre il tempo necessario alla sua identificazione e comunque entro le 48 ore dal fatto.

L’art. 11 aggiunge ed individua disposizioni in materia di allontanamento d’urgenza dalla casa familiare, fermo restando quanto disposto dall’art. 384, aggiungendo all’art. 384 bis dello stesso codice il comma 2 bis secondo cui anche fuori dei casi di flagranza il pubblico ministero può disporre con decreto motivato l’allontanamento urgente dalla casa familiare con divieto di avvicinamento ai luoghi abitualmente frequentati dalla persona offesa nei confronti di chi è gravemente indiziato di taluno dei delitti di cui agli articoli 387 bis, 572 e 582 procedibili d’ufficio o aggravati il 612 bis del codice penale ovvero di altro delitto, consumato o tentato commesso con minaccia o violenza la persona per il quale la legge stabilisce la pena dell’ergastolo o della reclusione superiore nel massimo a tre anni ove sussistano fondati motivi per ritenere che le condotte criminose possano essere reiterate ponendo in grave e attuale pericolo la vita o l’integrità fisica della persona offesa e non sia possibile, attesa l’urgenza, aspettare il provvedimento giudiziale punti con convalida nelle 48 ore dall’esecuzione del decreto da parte del gip competente per territorio. Con fissazione dell’udienza di convalida al più presto e comunque non oltre le 48 ore con avviso al PM e al difensore. A pena di inefficacia nel caso di mancato rispetto dei termini di convalida.

All’art. 12 viene previsto rafforzamento delle misure cautelari e dell’uso del braccialetto elettronico apportando modifiche all’art. 275 bis del codice di procedura penale ma sempre con la preclusione del previo accertamento della relativa fattibilità tecnica da parte della polizia giudiziaria. Viene prevista la sostituzione, in caso di manomissione di mezzi elettronici e degli altri strumenti tecnici di controllo di cui all’art. 275 bis del codice di procedura penale, con la custodia cautelare in carcere.

Il medesimo articolo prevede altresì con l’adozione del provvedimento che dispone l’allontanamento e con la prescrizione di mantenere una distanza comunque non inferiore a 500 m nei luoghi frequentati dalla persona offesa l’applicazione anche congiunta di una misura più grave qualora l’imputato (e non l’indagato – chi scrive ritiene si tratti di un refuso per il fatto che tali misure vengono per lo più adottate in fase di indagini preliminari e, dunque, quando il soggetto è ancora indagato) neghi il consenso all’adozione delle modalità di controllo anzidette. Con il provvedimento che dispone il divieto di avvicinamento di cui si è dato cenno il giudice prescrive all’imputato (e non l’indagato, vedi sopra) di non avvicinarsi ai luoghi frequentati dalla persona offesa (limite di 500 metri).

Ulteriori disposizioni vengono utilizzate per le informazioni alla persona offesa, soprattutto nei casi di inefficacia o revoca delle misure coercitive cautelari, eventualmente da sostituire con misure di prevenzione o, anche, di vigilanza dinamica da parte del prefetto.

L’art. 15 prevede che in caso di sospensione condizionale della pena ai sensi dell’art. 165 del codice penale nei casi di condanna la detta sospensione sia sempre subordinata alla partecipazione, con cadenza almeno bisettimanale e superamento con esito favorevole di specifici percorsi di recupero presso enti o associazioni che si occupano di prevenzione, assistenza psicologica e recupero di soggetti condannati per i medesimi reati. Nei casi di cui all’art. 165 quinto comma del codice penale la cancelleria del giudice che ha emesso la sentenza la trasmette, al passaggio in giudicato, all’ufficio di esecuzione penale che accerta l’effettiva partecipazione del condannato al percorso di recupero e ne comunica l’esito al pubblico ministero che ha emesso la sentenza. Con eventuali comunicazioni da parte degli enti preposti nei casi di violazione ai fini di un’eventuale revoca della sospensione.

L’art. 16 in materia di indennizzo contiene alcune precisazioni sui beneficiari e sui termini mentre l’articolo 17 istituisce l’articolo 13 bis alla legge 7 luglio 2016 n. 122 che prevede che la vittima o in caso di morte gli aventi diritto nei casi di violenza di genere o domestica che si trovino in stato di bisogno possano chiedere una provvisionale da imputare alla liquidazione definitiva dell’indennizzo quando è stata pronunciata sentenza di condanna o di applicazione della pena ai sensi dell’art. 444 del codice di procedura penale o emesso decreto penale di condanna.

Con l’art. 18 vengono infine individuati i criteri per il riconoscimento e le attività che enti e associazioni organizzatori di percorsi di recupero destinati agli autori di reato  contro le donne e di violenza domestica.

Molte luci e qualche ombra, dunque, almeno al momento, che ci è sembrato doveroso evidenziare. Aspettando la promulgazione e la pubblicazione in Gazzetta, certo. Ma anche, occorre opportuno ricordarlo, in attesa di verificarne gli esiti, nient’affatto scontati, che l’effettivo impatto sulla quotidiana esperienza dei Comandi di Polizia e Stazioni di Carabinieri preposti, Procure e Tribunali ci saprà consegnare.

Note

Disegno di legge n. 923

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