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Che cos’è l’adozione mite e cosa comporta?

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Psicologia

Che cos’è l’adozione mite e cosa comporta?

ELEONORA NARDO’

Psicologa giuridica, CTP, ausiliaria in varie CTU. Si è occupata di adozioni c/o il GIL Adozioni della Asl Roma 2, collaborando al progetto di formazione per gli operatori GILA della regione Lazio all’uso del data-entry per il monitoraggio regionale “Sostegno alle famiglie nel periodo di post-adozione” e raccogliendo dati relativi alle adozioni. E’ Autrice del saggio “Crisi adottive nel Lazio: una opportunità?” , in Crisi adottive: una opportunità?, a cura di Luzzatto, Cedroni e Guerrieri, Milano, Franco Angeli, 2022.

L’adozione mite è un particolare tipo di adozione in cui il minore mantiene i rapporti con la sua famiglia biologica. Questo tipo di adozione è definita “mite” perché mira a ricevere il consenso e la collaborazione dei genitori biologici (a meno che non sia decaduta la potestà genitoriale), di quelli adottivi e del minore.

I minori nel limbo

La legge 184 del 1983 afferma che “il minore ha diritto di crescere ed essere educato nell’ambito della propria famiglia”, e che devono essere “disposti interventi di sostegno e aiuto” per favorire tale diritto. Anche la Cassazione si è espressa a tal proposito (Cass. Ord. 1476/2021) affermando che il giudice debba “accertare la sussistenza dell’interesse del minore a conservare il legame con i genitori biologici, seppur deficitari nelle loro capacità genitoriali”. 

Prima di procedere dichiarando lo stato di adottabilità di un bambino, se si ritiene che vi sia la possibilità di uno sviluppo delle capacità genitoriali, si attuano quindi degli interventi per permettere al minore di rimanere all’interno del nucleo familiare biologico. 

Sono invece dichiarati adottabili quei minori “di cui sia accertata la situazione di abbandono perché privi di assistenza morale e materiale da parte dei genitori o dei parenti tenuti a provvedervi”, purché si ritenga che tale situazione sia permanente.

Vi sono però dei “minori nel limbo”, ovvero quelli in stato di semi-abbandono permanente, che hanno cioè famiglie parzialmente ma permanentemente inadeguate, che non sono quindi in grado di garantire il soddisfacimento dei bisogni educativi, emotivi e relazionali del minore e che si ritiene che non possano farlo nonostante un aiuto esterno. A differenza dei minori il cui semi-abbandono è considerato temporaneo, che vengono dati in affidamento, e dei minori in stato di abbandono, che vengono adottati, questi minori non possono accedere a nessuna delle due soluzioni.

La sperimentazione del Tribunale per i minorenni di Bari

Il Tribunale per i minorenni di Bari ha perciò avviato una sperimentazione tra il 2003 e il 2008 relativamente alla cosiddetta “adozione mite”, che ha tentato di applicare il principio di continuità degli affetti ai casi di semiabbandono permanente.

È un percorso graduale, che inizia con l’affidamento del minore a una famiglia e la valutazione della possibilità di recupero della famiglia di origine. Quando essa viene valutata come non recuperabile viene disposto un affidamento sine die che verrà quindi trasformato successivamente in adozione sul modello dell’adozione in casi particolari (art. 44 legge 184/1983).

Terminati i cinque anni di sperimentazione di tale pratica all’interno del Tribunale dei minorenni di Bari si è osservato che 92 minori collocati fuori dalla famiglia erano definitivamente rientrati in famiglia, 165 era collocati in affidamento familiare giudiziario, 100 erano stati adottati con adozione piena e 126 con adozione mite; di questi ultimi, 72 erano stati effettuati con il consenso dei genitori biologici.

Cosa dicono le ricerche?

La forma mite di adozione è stata al centro di molteplici critiche, ma anche numerose approvazioni. 

I sostenitori di questo tipo di adozione affermano che l’accesso ad un maggior numero di informazioni sulla sua storia permettono al bambino di smettere di creare fantasie negative sul proprio abbandono e sui suoi genitori biologici e che la continuità degli affetti garantisca al minore l’integrazione di processi identitari equilibrati che permettano lo sviluppo di un funzionamento adulto sano.

Gli oppositori affermano invece che il contatto con la famiglia di origine possa avere effetti negativi sulla situazione familiare adottiva, interferendo nello sviluppo sano del minore.

In uno studio di Balenzano (2013), sono stati confrontati alcuni aspetti dello sviluppo di adolescenti che avevano sperimentato l’adozione mite con quelli di adolescenti adottati con adozione legittimante (quella “classica”). I ragazzi adottati con formula mite avevano un maggior rischio di attaccamento di tipo insicuro e di disadattamento rispetto agli altri adottati.

Un altro studio di Cassibba (2023) conferma che i ragazzi che sono stati adottati con adozione legittimante hanno modelli di attaccamento più sicuri (67,9%) rispetto a quelli adottati con adozione mite (37,5%); nonostante ciò, questi ultimi hanno un’organizzazione di attaccamento più sicura dei ragazzi in affido familiare (31,2%) e che si trovano in comunità (18,9%).  Inoltre, i ragazzi che avevano sperimentato un’adozione mite avevano il più alto grado di problemi comportamentali (58,04%). 

Da questi risultati emerge che l’adozione mite, nonostante favorisca il passaggio graduale dalla famiglia di origine a quella adottiva e il mantenimento dei contatti con i membri della famiglia di origine, non garantisce un migliore adattamento psicosociale dei ragazzi. Assicura però quella continuità delle relazioni familiari che è un diritto fondamentale della persona e propone una scelta non più aprioristica relativa al bene del minore. Inoltre permette che non venga più utilizzato un affidamento “sine die” che non garantisce alcuna stabilità al minore. 

Bibliografia:

Occhiogrosso F. (2008), “Adozione mite e semiabbandono”, in Famiglia e diritto, n.4, Tribunale dei minorenni di Bari, 7 maggio.

Legge 4 maggio 1983, n.184.

Cass. Civ., sez. I, ord. 25 gennaio 2021, n. 1476.

Balenzano C. (2015) “Il diritto mite nella storia del Tribunale per i minorenni di Bari”, in Minori giustizia: rivista interdisciplinare di studi giuridici, psicologici, pedagogici e sociali sulla relazione fra minorenni e giustizia: 1, Franco Angeli, Milano.

Balenzano C. e al. (2013), “Forme di adozione, adattamento psicosociale e ri-strutturazione dei legami di attaccamento”, in Rassegna di Psicologia,  XXX, pp. 35-47.

Cassibba R. e al.  (2023), “The placement of children in need of out-of-home care: Forms of care and differences in attachment security and behavioral problems in the Italian context”, in International Journal of Environmental Research and Public Health, https://www.mdpi.com/1660-4601/20/23/7111.

Gigante L. (2007), “Le funzioni positive dell’adozione mite” in Minori giustizia: rivista interdisciplinare di studi giuridici, psicologici, pedagogici e sociali sulla relazione fra minorenni e giustizia II Trimestre,Milano, Franco Angeli.

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