Lo schiaffo del genitore: atto educativo lecito o abuso dei mezzi di correzione?

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Lo schiaffo del genitore: atto educativo lecito o abuso dei mezzi di correzione?

Pit risponde schiaffo
Psicologia Giuridica

Lo schiaffo del genitore: atto educativo lecito o abuso dei mezzi di correzione?

Nel recente caso affrontato dalla Corte di Appello di Campobasso e successivamente dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 46974/2024, si è discusso un tema delicato e di grande rilevanza giuridica e sociale: è lecito lo schiaffo dato da un genitore al proprio figlio per finalità educative? La questione si inserisce in un complesso quadro normativo e giurisprudenziale che mette al centro la tutela dell’integrità fisica e psicologica del minore.

Il caso concreto

La Corte di Appello di Campobasso, in parziale riforma di una precedente decisione del Tribunale di Isernia, ha riqualificato il fatto in esame, inizialmente configurato come abuso dei mezzi di correzione (art. 571 c.p.), in lesioni personali aggravate dal rapporto parentale. L’imputato, il padre della minore, aveva colpito la figlia con uno schiaffo al volto, provocandole un ematoma alla palpebra sinistra, giudicato guaribile in quattro giorni, dopo una discussione verbale.

L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che il fatto fosse di lieve entità ai sensi dell’art. 131-bis c.p., evidenziando:

  • il contesto concitato in cui il fatto è avvenuto;
  • la modesta entità delle lesioni;
  • l’unicità dell’episodio e l’assenza di una condotta abituale.

Tuttavia, la Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, facendo riferimento alla necessità di valutare non solo l’entità del danno, ma anche le modalità della condotta e il principio di tutela dell’integrità del minore.

L’interpretazione della Corte di Cassazione

La Cassazione ha ribadito che l’articolo 571 c.p. vieta qualsiasi atto che, pur motivato da intenti educativi, comporti un rischio per la salute fisica o psicologica del minore. Nel caso specifico, lo schiaffo è stato considerato incompatibile con il ruolo educativo del genitore, in quanto atto lesivo dell’integrità fisica della minore.

Nella motivazione, la Corte ha fatto esplicito riferimento alla Convenzione ONU sui diritti del fanciullo, che tutela il minore da ogni forma di violenza, anche quando esercitata all’interno del contesto familiare. L’interesse superiore del minore, secondo la Corte, deve guidare ogni pratica educativa, escludendo qualsiasi forma di punizione corporale.

Profili psicologici e giuridici

Dal punto di vista psicologico, l’uso della violenza, anche se minima, come strumento correttivo può generare effetti negativi a lungo termine sullo sviluppo del minore. La ricerca evidenzia come atti di questo tipo possano influire negativamente sull’autostima e sul senso di sicurezza del bambino, favorendo comportamenti oppositivi o ansiosi.

Giuridicamente, la sentenza rafforza un principio già consolidato: il diritto all’integrità fisica e psicologica del minore è inviolabile. L’educazione non può giustificare atti che ledano questo principio, anche se contestualizzati in situazioni di tensione familiare.

Una riflessione aperta

La decisione della Cassazione, pur coerente con i principi giuridici moderni e con gli standard internazionali, solleva interrogativi etici e culturali. Lo schiaffo, per lungo tempo percepito come un metodo educativo accettabile, è oggi messo in discussione in virtù di un’evoluzione normativa e sociale che privilegia modelli educativi non violenti.

Affinché l’educazione alla genitorialità consapevole possa sostituire definitivamente modelli punitivi ormai superati, è essenziale che questo dibattito prosegua e che vengano promossi approcci educativi funzionali ma rispettosi della dignità e dei diritti dei minori.

Riferimenti 

Cass. penale sentenza n. 46974 del 19/12/2024 

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