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Otto marzo e Gender Pay Gap: una strada ancora tutta in salita per le donne
07/03/2024 2024-03-07 19:14Otto marzo e Gender Pay Gap: una strada ancora tutta in salita per le donne

Otto marzo e Gender Pay Gap: una strada ancora tutta in salita per le donne
Ida Grimaldi
Avvocata Cassazionista del foro di Vicenza, esperta in materia di diritto di famiglia e del lavoro, impegnata sul fronte della promozione delle pari opportunità, è consulente legale della Consigliera di Parità della Provincia di Vicenza.
Il tema della tutela dell’uguaglianza di genere ha una rilevanza globale, tanto da venire incluso tra gli obiettivi dell’Agenda ONU 2030, il programma d’azione per lo sviluppo sostenibile laddove si precisa (GOAL 5) che la parità di genere non è solo un diritto umano fondamentale, ma la condizione necessaria per un mondo prospero, sostenibile e in pace. E i grandi temi del presente non possono prescindere dalla loro evoluzione storica.
Emily Dickinson scrisse che “Non conosciamo mai la nostra altezza finché non siamo chiamati ad alzarci”. Il metro di valutazione della nostra altezza sono i nostri diritti. Tuttavia i diritti delle donne sono diritti acquisiti, non sono dati “per natura”, ma sono il frutto di lotte e di impegni di molte, diverse generazioni, e si possono anche perdere.
Nella giornata internazionale della donna è importante, dunque, ricordare le conquiste sociali, politiche ed economiche delle donne di ogni tempo, ma è importante anche non dimenticare le discriminazioni e le violenze che, ancora oggi, molte donne subiscono ogni giorno, non possiamo dimenticare il divario retributivo di genere che, nel nostro Paese continua a rappresentare un problema molto grave e sentito. Come emerge dal World Economic Forum che, con il suo Global Gender Gap Report, ci indica anno per anno a che punto ci collochiamo come Paese per quanto riguarda il divario di diseguaglianza di genere, l’Italia, nel 2023, è scesa al 79esimo posto, mentre, nel 2022, era al 63esimo posto su 153 Paesi.
Ma quali sono i motivi di questo Gap?
E’ stato rilevato che queste disuguaglianze sono in larga parte il riflesso della “specializzazione” di genere tra lavoro retribuito e non retribuito, in virtù del quale le donne più frequentemente accettano retribuzioni inferiori a fronte di vantaggi in termini di flessibilità e orari. I dati registrano, inoltre, una forte incidenza del part-time tra le donne lavoratrici, con conseguente minore retribuzione anche ai fini pensionistici. Ciò in quanto la conciliazione/condivisione dei tempi di vita e lavoro tra donne e uomini è fortemente asimmetrica: il ruolo di cura è prevalentemente femminile, come dimostra il fenomeno dell’abbandono del lavoro dopo la nascita dei figli.
Le donne, quindi, o rinunciano al lavoro o rinunciano alla maternità; da qui il grave fenomeno della denatalità. Ma senza figli non c’è futuro perché la “crescita zero” avrà una notevole negatività sulla vita sociale, sulla sostenibilità del sistema pensionistico e di welfare, sull’aggravio del debito pubblico.
E’ necessario, pertanto, promuovere azioni volte a colmare il divario retributivo di genere, sia ridistribuendo il lavoro di assistenza e di cura non retribuito, oggi a carico principalmente delle donne, che per questo motivo hanno meno possibilità di occupazione e accettano stipendi inferiori pur di avere maggior flessibilità, sia valorizzando le competenze femminili nei ruoli apicali. La scarsa presenza femminile nei ruoli dirigenziali è infatti un altro degli altri motivi che aumenta il gap salariale.
Va rammentato, inoltre, che il divario retributivo di genere, oltre a penalizzare le donne in termini di futura pensione, incide anche sul fenomeno della violenza domestica, perché la mancata emancipazione economica delle donne impedisce loro di uscire dal vortice della violenza.
Per non parlare delle donne con disabilità, che subiscono una doppia discriminazione, che le rende vulnerabili ad ulteriori specifiche forme di prevaricazione
Anche nei luoghi di lavoro esiste il fenomeno della discriminazione e della violenza laddove le donne, non di rado, sono vittime di molestie anche sessuali che spesso non denunciano perché hanno paura di non essere credute o perché il loro posto di lavoro dipende da chi le molesta. Dobbiamo quindi sostenere giorno dopo giorno una battaglia culturale a tutti i livelli per promuovere il rispetto delle persone e delle differenze.
Un pensiero speciale va rivolto, poi, alle donne colpite da gravi violazioni dei diritti umani, come nel caso delle donne che in questo momento vivono in prima persona il conflitto Israelo/Palestinese o in Ucraina e in tante altre guerre. Lo stupro di guerra è una delle principali armi dei soldati ed uno dei crimini meno riconosciuti dalla storia e, spesso, fa parte di uno schema più ampio di violenza di genere.
Ma le donne non sono solo vittime: esse combattono e muoiono per la democrazia, per i diritti umani, per la libertà: ricordo tra tutte Masha Amini.
Per concludere, è importante sottolineare che le donne non sono una categoria, ma sono la metà del cielo e senza uguaglianza di genere, non ci può essere crescita, né prosperità, né cura del pianeta.

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