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Maternità e carcere. Quando il superiore interesse del figlio incontra la condanna detentiva della madre

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Psicologia Giuridica

Maternità e carcere. Quando il superiore interesse del figlio incontra la condanna detentiva della madre

Serena Pinardi

Laureata in Psicologia criminologica e forense presso l’Università di Torino, corsista del corso di alta formazione Ruolo e Funzioni del Consulente Tecnico Psicologo in Ambito Minorile

Bambini che senza colpa vivono in istituti detentivi. Per uscire devono passare tramite sbarre e cancelli, come qualsiasi altro detenuto. Quale è la loro colpa? Avere delle madri condannate ad una pena detentiva. Tale situazione rimarrà inalterata ancora per un po’ di tempo dato il ritiro della “Legge Serracchiani”, la quale puntava ad un modello di gestione di queste situazioni differente.

Normativa di riferimento

La Legge 62/2011 aveva introdotto la possibilità per la madre ristretta, non avente i requisitivi per accedere alla detenzione domiciliare ordinaria o speciale, con figli di età inferiore a sei anni, di espiare la pena a stretto contatto con il minore all’interno di appositi istituti, gli I.C.A.M.(1) In caso di condanna definitiva il limite d’età per tali minori è fino a dieci anni.(2)Ciò a differenza del passato dove si prevedevano specifiche sezioni-nido nel carcere dove i bambini potevano stare solo fino a tre anni.(3)

Con il tempo ci si è resi conto però che gli I.C.A.M. non sono altro che carceri camuffati e che nelle realtà non fanno altro che fornire a questi bambini una detenzione attenuta, la quale viene per di più prolungata in quanto il limite di età previsto per poter fare rimanere la diade madre ristretta e figlio minore insieme viene elevato a sei anni.(4)

La nuova riforma cercava di promuovere il modello delle case-famiglia protette, considerate come la vera soluzione alla presenza dei bambini in carcere. Queste strutture, infatti, devono essere realizzate fuori dagli istituti penitenziari e devono avere caratteristiche che considerino le esigenze psico-fisiche dei bambini, ispirate ai criteri prioritariamente desunti dalla prospettiva educativa e rieducativa.(5) Questo permetterebbe di limitare le conseguenze negative sullo sviluppo del bambino, le quali deriverebbero dal vivere in un ambiente detentivo, come dimostrato dalla letteratura scientifica in materia.(6)

Maternità e carcere

Maternità e carcere sembrano realtà contrastanti, eppure ci sono bambini che si ritrovano a vivere l’esperienza del carcere, chi in modo diretto e chi indiretto, a causa della detenzione di uno o entrambi i genitori.(7) La reclusione della madre spesso si ripercuote maggiormente sul minore, il quale si può trovare a “scontare una pena senza aver commesso alcun reato”.(8)

Secondo i dati del Ministero della Giustizia aggiornati al 28 febbraio 2023, in Italia ci sono ancora 24 bambini che vivono in carcere insieme alle loro 21 madri.

Una delle difficoltà principali da affrontare in merito al tema delle madri ristrette riguarda la presunzione di una correlazione tra detenzione ed inidoneità genitoriale.(9)

Tale correlazione non deve essere dunque automatica altrimenti si violerebbe l’articolo 3 della Costituzione, secondo cui tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge. Bisogna però sforzarsi di trovare alternative al carcere, lavorando caso per caso sulle donne con bambini.(10)

Non necessariamente una donna che ha commesso un reato non deve essere in grado di occuparsi del proprio figlio, cosa che invece può riguardare qualsiasi categoria di genitore.(11)

Valutazione delle competenze genitoriali della madre detenuta

Gli strumenti normativi che si occupano di genitorialità ristretta e di protezione dei diritti dei figli minorenni di genitori in istituto penitenziario sostengono che la condanna e la detenzione non possano di per sé essere sinonimo di inidoneità all’esercizio del ruolo genitoriale.(12) È anche vero che aver commesso alcune tipologie di reato, particolarmente grave, fa emergere una presunzione di incompetenza del genitore.(13)

Nel diritto penale si stabilisce che in caso di condanna all’ergastolo, ai sensi dell’art. 32 co. 2 cod.pen., vi sia automaticamente la decadenza dalla responsabilità genitoriale.

La sospensione della responsabilità genitoriale, invece, è disposta ai sensi dell’art. 34 co. 2 cod.pen. in caso di condanna per delitti commessi con abuso della stessa. In riferimento agli artt. 32 co.2 e 34 co. 2 cod.pen., ci si riferisce a reati che non necessariamente hanno avuto incidenza sulla relazione genitore e figlio. Inoltre, gli stessi articoli non prevedono la possibilità di valutare in concreto l’eventuale pregiudizio arrecato al minore da parte del genitore che giustifichi questi provvedimenti.(14)

In merito a questo punto la Corte costituzionale con due sentenze (C. cost. 31/2012, C. cost. 7/2013) si è espressa sottolineando che la sanzione accessoria della decadenza o sospensione della responsabilità genitoriale, prevista per la condanna per taluni reati, non può considerarsi automatica, ma deve essere irrogata dal giudice caso per caso valutando in concreto, alla luce dell’interesse del minore, la qualità della relazione tra genitore e figlio. Si deve inoltre ricordare che la decadenza civile è una categoria di provvedimenti che deve essere motivata.(15)

Nel caso in cui non si è davanti ad uno dei reati sopra menzionati, la valutazione delle competenze genitoriali della madre detenuta in istituto avviene in procedimenti civili che riguardano la scissione della coppia genitoriale, di limitazione e oblazione della responsabilità genitoriale o in caso di dichiarazione di adottabilità.

In ambito civile, rispetto a quello penale, si è particolarmente restii a ricorrere a provvedimenti limitativi o ablativi della responsabilità genitoriale, ex artt. 333 e 330 cod.civ., ancorati alla condanna penale e alla detenzione del genitore, in particolar modo della madre.(16) Questo principalmente per tutelare il superiore interesse del minore, in modo che quest’ultimo possa sviluppare un attaccamento sicuro nei confronti della madre./17) Quindi, in caso di richiesta di valutazione della responsabilità genitoriale della donna ristretta l’attenzione del giudice deve basarsi sull’accudimento nel periodo antecedente alla detenzione, al modo in cui questa si comporta durante i colloqui, se partecipa attivamente ai percorsi di sostegno alla genitorialità in carcere, se ha individuato una buona collocazione per il minore nel caso in cui rimanga fuori dall’istituto e anche dalla volontà della madre ad occuparsene una volta fuori.  Quindi tutti criteri che non hanno nulla che vedere con la condanna in sé.(18)

Quindi ad oggi, sulla base delle pronunce della Corte costituzionale, qualora non si sia di fronte ad un reato particolarmente grave e pregiudizievole per il minore, risultato tale a seguito di una valutazione in concreto effettuata dal giudice tramite l’ausilio di un CTU, si tende a non allontanare la diade madre ristretta e figlio minore e qualora possibile a previlegiare la detenzione domiciliare piuttosto che la detenzione in istituto penitenziario.

Detto ciò, non mancano orientamenti giurisprudenziali che tendono a considerare una condanna in sede penale in contrasto con il dovere del genitore di educare i figli alla legalità, dovere che ha l’obiettivo di inserire i minori nel contesto sociale. A tal proposito vi sono diverse sentenze del Tribunale per i minorenni di Reggio Calabria in merito a contesti famigliari coinvolti nella criminalità organizzata, che hanno lo scopo di sottrarre i minori da tali contesti di provenienza.(19)

Inoltre, vi è l’opinione secondo cui la scelta del genitore di reiterare nel reato, nonostante la possibile conseguente condanna, la quale potrebbe generare un pregiudizio sulla prole, rappresenterebbe un serio indizio di inidoneità genitoriale. La Lega a tal proposito ha depositato un nuovo testo in contrasto con la legge Serracchiani, in base al quale non scatta in maniera automatica il differimento della pena per le donne incinte così come prevede l’articolo 146 del codice penale.(20) Secondo la Lega “essere incinta e/o madre di bambini piccoli non può essere il passepartout per le borseggiatrici abituali e professionali per evitare il carcere e continuare a delinquere”.(21)

A tal proposito è necessario ricordare che lo scopo della legge non deve essere però quello di sanzionare i genitori, ma quello di proteggere il minore che si ritrovi a vivere in una situazione di pregiudizio o di pericolo a causa della condotta messa in atto dal proprio genitore.

Note

1) A. Lorenzetti, (2020), Maternità e carcere: alla radice di un irriducibile ossimoro, in Questione Giustizia, 2, 151-168.

2) Ibidem

3) Legge 26 luglio 1975, n. 354, “Norme sull’ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà”. (1975, 9 agosto)

4) C. Forcolin, (2020), Uscire dal carcere a sei anni – I figli delle detenute tra diritti che confliggono: stare con la madre o essere liberi, FrancoAngeli, Milano

5) V. Iori, (2014), La genitorialità in carcere, in Minorigiustizia, 3, 76-83. DOI: 10.3280/MG2014-003010

6) G. Biondi, (1994), Lo sviluppo del bambino in carcere, FrancoAngeli, Milano e A. Luzzago, S. Pietralunga, (1992), “L’incidenza negativa della detenzione dei genitori sui figli. II parte: Situazione di disadattamento in rapporto alle caratteristiche dei genitori e del nucleo familiare”, in Rassegna Italiana di Criminologia, Vol. 22, fasc. 8, p. 298.

7) Associazione Antigone, (2021), Essere madri in carcere: il rapporto tra genitorialità e detenzione, (XVII rapporto sulle condizioni di detenzione), Reperito in: www.rapportoantigone.it

8) G. Costanzo, (2013), Madre e bambino nel contesto carcerario italiano, Armando Editore, Roma, p.5

9) G. Mantovani, (2019), Donne ristrette, Ledizioni, Milano, p.198

10) A. Facchini, (2023), Madri detenute, bloccata la proposta di legge, Reperibile in: www.valigia blu.it

11) V. Iori, (2014), La genitorialità in carcere, in Minorigiustizia, 3, 76-83. DOI: 10.3280/MG2014-003010

12) Artt. 7 e 8 Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del minore, 1989.  Art. 1 co.1 Legge 4 maggio 1983, n. 184, “Diritto del minore ad una famiglia”. Art. 8 Convenzione Europea sui diritti dell’uomo,1950. Carta dei diritti dei figli di genitori detenuti, 2018

13) Artt. 7 e 8 Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del minore, 1989.  Art. 1 co.1 Legge 4 maggio 1983, n. 184, “Diritto del minore ad una famiglia”. Art. 8 Convenzione Europea sui diritti dell’uomo,1950. Carta dei diritti dei figli di genitori detenuti, 2018

14) J. Long, (2019), “Essere madre dietro le sbarre”, in G. Mantovani, Donne ristrette, Ledizioni, Milano pp.138-139

15) C. cost., sent. 16 gennaio 2013, n. 7, in Gazzetta Ufficiale., 2013, 5. E C. cost., sent.23 febbraio 2012, n. 31, in Gazzetta Ufficiale, 2012, 9

16) J. Long, (2019), “Essere madre dietro le sbarre”, in G. Mantovani, Donne ristrette, Ledizioni, Milano p.115

17) Ibidem

18) Ibidem

19) Trib. min. Reggio Calabria, 8 marzo 2016, in Questione Giustizia, 11 ottobre 2016

20) M. Torrioli, (2023), In carcere con la mamma, la surreale condizione di bambini e bambine senza colpe, Reperibile in: www.romatoday.it

21) Ibidem

22) J. Long, (2019), “Essere madre dietro le sbarre”, in G. Mantovani, Donne ristrette, Ledizioni, Milano p.142

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