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Codice Deontologico delle Psicologhe e degli Psicologi Italiani. Responsabilità professionali tra principi e precetti
21/02/2024 2024-02-22 10:21Codice Deontologico delle Psicologhe e degli Psicologi Italiani. Responsabilità professionali tra principi e precetti
Codice Deontologico delle Psicologhe e degli Psicologi Italiani. Responsabilità professionali tra principi e precetti
Sara D’Angelo
Psicologa giuridica, collabora e affianca l’équipe redazionale di Psicologia in Tribunale, offre supporto psicologico c/o la Consulta Persone in Difficoltà di Torino.
Dai principi etici al recente referendum, dalle sfide della formulazione del codice alla responsabilità individuale del singolo professionista, il quadro deontologico che emerge è spinoso e intrinsecamente legato alla natura complessa della psicologia.
Com’è noto il Codice Deontologico delle Psicologhe e degli Psicologi è stato recentemente modificato, generando critiche, apprezzamenti e, a quanto rivelano i numeri dei partecipanti al Referendum, una certa indifferenza tra gli iscritti all’ordine.
L’APA: Un modello che avrebbe potuto essere fonte di maggiore ispirazione
In merito alle effettive modifiche del testo, dai primi articoli del Capo Primo sono stati estratti quattro principi etici simili a quelli adottati dall’American Psychological Association (APA) degli Stati Uniti. Questi principi operano in parte in modo indipendente dall’articolato, ma fungono da cornice etica per l’intero apparato: Rispetto e promozione dei diritti e della dignità delle persone e degli animali Competenza Responsabilità Onestà e integrità, lealtà e trasparenza
Tuttavia, a differenza dell’APA che durante la formulazione del codice ha richiesto alla comunità di professionisti le opinioni degli psicologi su considerazioni etiche, dilemmi incontrati sul campo ed esempi pratici che riflettono molte delle questioni politiche e sociali attuali, la Commissione Deontologica italiana ha invece operato diversamente fornendo, tramite un approccio “top-down”, una revisione del codice elaborata dalla stessa e sottoposta a Referendum alla comunità.*
Precetti o principi?
Se si fosse inteso considerare il Codice Deontologico americano e i suoi principi come fonte di ispirazione, si sarebbe potuto ad esempio prendere d’ispirazione che in esso, oltre ai principi generali separati dall’articolato delle regole, sono presenti norme di carattere generale e norme specifiche che trattano situazioni particolari o realtà specifiche.
Nel nostro codice invece, sovente principi etici e regole di condotta sono enunciati all’interno degli stessi articoli, generando spesso una mancanza di chiarezza sulla natura degli obblighi imposti e sulla flessibilità consentita. In alcuni casi, le disposizioni sembrano suggerire un principio al quale il professionista dovrebbe uniformare la propria condotta, mentre in altri casi sembrano prescrivere comportamenti specifici e questa ambiguità ostacola la comprensione dell’effettivo grado di vincolo imposto.
È al contempo vero e da tenere in considerazione che la principale sfida che si intravede nell’operare una distinzione tra principi e precetti è il dover normare una materia come la psicologia che ha ad oggetto situazioni umane mutevoli. L’impianto del nostro Codice Deontologico è attualmente fondato su quelli che sono “minimi comuni denominatori”, ovvero quelli che sono i principi fondamentali di un corretto agire professionale, cercando poi di declinarli in maniera più specifica rispetto a determinati contesti, tendendo ad essere più ispirante che vincolante.
Trovare un equilibrio tra tipizzazione delle condotte e la complessità della psicologia è di certo un’ardua impresa, ma trovare una netta distinzione tra principi e precetti, è sicuramente una sfida necessaria da affrontare.
La responsabilità del professionista
È certo che il Codice Deontologico delle psicologhe e degli psicologi lascia una responsabilità ineliminabile per il professionista, che deve valutare attentamente le proprie azioni in base alla situazione specifica. Si tratta, naturalmente, da un lato di una valorizzazione della professionalità dallo psicologo ma al contempo di un importante onere affidato al singolo, il quale deve agire in maniera consapevole, congrua ed efficace nel rispondere alle esigenze di chi si rivolge a lui.
La funzione pedagogica è in questo codice abbandonata in favore di una funzione ideologica, e il delicato equilibrio tra responsabilità individuale, rappresentanza della categoria e dovere disciplinare costituisce un aspetto critico che, a mio avviso, richiede una maggiore attenzione in primis per rispecchiare tout court la categoria di cui si fa garante ed altresì per guidare e tutelare maggiormente i professionisti.
Tra rappresentatività e appartenenza
Non si può trascurare il fatto che tra i limitati partecipanti al Referendum si è manifestata una significativa opposizione interna con poco più di 9000 sì e 7600 no. È dunque plausibile considerare che l’attuale Codice Deontologico sollevi dubbi sulla sua autentica rappresentatività nei confronti degli psicologi italiani. La mera osservanza delle regole non equivale a un senso di appropriazione; la comprensione e l’internalizzazione facilitano una conformità spontanea e l’idea di sottostare a una regola è distinta dall’atto di percepirla come propria.
Pertanto, in una professione come la psicologia, che opera secondo i contesti, dentro e con le relazioni, la mancanza di questa introiezione delle norme, a mio avviso, costituisce un problema rilevante.
Il fine ultimo di un Codice Deontologico
Se l’obiettivo di un Codice Deontologico è l’essere condiviso da una “famiglia professionale”, tale famiglia professionale deve necessariamente essere interpellata, sennò sarà inevitabilmente sentito come un corpo estraneo, un’insieme di regole di principio da imparare al fine di superare l’esame di abilitazione alla professione per poi essere accantonato e unicamente ripreso qualora si venisse segnalati per una possibile violazione…!
Sarebbe forse utile implementare un sistema di precetti e principi ben definiti per garantire che i professionisti conoscano appieno le conseguenze delle proprie azioni per promuovere una condotta etica e responsabile, similmente a quanto avviene in altri codici deontologici, come quello medico o quello forense, dove è più facilmente comprensibile per gli individui i principi ispiratori della professione, il comportamento da dover adottare nei vari contesti, nonché il rischio associato alle proprie azioni.
È pertanto cruciale sviluppare un metodo efficace per poter coinvolgere i colleghi sulle questioni della pratica professionale poiché la norma deontologica presenta una sfida particolare, ovvero coniugare insieme la migliore regola professionale con il diritto, ma anche con quelle che sono le esigenze operative concrete, individuabili unicamente da chi quella professione la svolge.
*Ad onor del vero, è stata resa disponibile la possibilità di compilare un questionario circa le considerazioni degli iscritti in merito alle questioni deontologiche nel 2023, ma la risonanza tra gli iscritti all’Ordine non è stata significativa. Gli sforzi comunicativi attuati dall’Ordine hanno dimostrato inefficacia nel favorire una partecipazione rappresentativa e una diffusa sensibilizzazione: ciò è ancor più evidente nel limitato interesse degli psicologi italiani nei confronti del Referendum, con una partecipazione inferiore al 12% della popolazione professionale.
Bibliografia
Testo vigente del Codice Deontologico degli psicologi italiani
Ethical Principles of Psychologists and Code of Conduct (APA.org)
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Commento (1)
Giuseppina Tognetti
Complimenti per l’articolo, esaustivo e completo, mettendo in rassegna tutte le complessità legate al nuovo Codice! In effetti il nuovo Codice per come è stato articolato raffigura molti interpretazioni, che per noi professionisti significa attenzionare caso per caso. Molto volentieri parteciperò al corso che state organizzando. Grazie ancora per i ricchi contributi che apportate ogni giorno nel vostro Portale.