Liquidazione dei compensi dei CTU, l’opposizione al decreto di pagamento del giudice

Roberto D’Amico
Avvocato Cassazionista del Foro di Roma, Membro del CTS di Psicologia in Tribunale

Abbiamo già avuto modo di affermare come la prestazione professionale dello psicologo Consulente Tecnico d’Ufficio, dal lato economico, trovi raramente adeguata soddisfazione.

Analizziamo in questa sede, brevemente, modalità e termini per l’eventuale opposizione al decreto di pagamento dei compensi liquidati dal giudice all’ausiliario Consulente Tecnico/Psicologo, secondo il Decreto Ministero della Giustizia 30 maggio 2002, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 182 del 5 agosto 2002.

La norma di riferimento è rappresentata dall’ art. 170 DPR 115-2002 (Opposizione al decreto di pagamento) secondo la quale:

“1. Avverso il decreto di pagamento emesso a favore dell’ausiliario del magistrato, del custode e delle imprese private cui è affidato l’incarico di demolizione e riduzione in pristino, il beneficiario e le parti processuali, compreso il pubblico ministero, possono proporre opposizione. L’opposizione è disciplinata dall’articolo 15 del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150.
2. Il processo è quello speciale previsto per gli onorari di avvocato e l’ufficio giudiziario procede in composizione monocratica.
3. Il magistrato può, su istanza del beneficiario e delle parti processuali compreso il pubblico ministero e quando ricorrono gravi motivi, sospendere l’esecuzione provvisoria del decreto con ordinanza non impugnabile e può chiedere a chi ha provveduto alla liquidazione o a chi li detiene, gli atti, i documenti e le informazioni necessari ai fini della decisione”.

A sua volta , l’art. 15 del D.Lgs. 150/2011 (Dell’opposizione a decreto di pagamento di spese di giustizia), dispone:

“1. Le controversie previste dall’articolo 170 del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115 sono regolate dal rito sommario di cognizione, ove non diversamente disposto dal presente articolo.

 2. Il ricorso è proposto al capo dell’ufficio giudiziario cui appartiene il magistrato che ha emesso il provvedimento impugnato. Per i provvedimenti emessi da magistrati dell’ufficio del giudice di pace e del pubblico ministero presso il tribunale è competente il presidente del tribunale. Per i provvedimenti emessi da magistrati dell’ufficio del pubblico ministero presso la corte di appello è competente il presidente della corte di appello.

 3. Nel giudizio di merito le parti possono stare in giudizio personalmente.

 4. L’efficacia esecutiva del provvedimento impugnato può essere sospesa secondo quanto previsto dall’articolo 5.

 5. Il presidente può chiedere a chi ha provveduto alla liquidazione o a chi li detiene, gli atti, i documenti e le informazioni necessari ai fini della decisione.

 6. L’ordinanza che definisce il giudizio non è appellabile”.

Il riferimento al “processo speciale previsto per gli onorari di avvocato” e , dunque al rito cd. sommario, è utilmente protesa a stabilire il termine entro il quale proporre la detta opposizione e per il quale bisogna aver riguardo all’art. 702-quater del codice di procedura civile, che lo indica nella misura di trenta giorni che decorrono dalla notificazione o dalla comunicazione della stessa ordinanza. Nel caso in cui l’ordinanza non venga né notificata né comunicata (caso limite e raramente verificabile) l’opinione dottrinale prevalente ritiene che si debba applicare il termine lungo di sei mesi di cui all’art. 327 c.p.c. decorrente dalla sua pubblicazione.

Il richiamo operato, tuttavia, non conduca il lettore all’inganno della semplice comparazione tra le norme precedentemente evocate, per le ontologiche differenziazioni tipiche tra l’opposizione e l’appello. Per la prima, aderente al caso che qui interessa, opereranno le regole di cui all’ art. 15 del D.Lgs. 150/2011. Per il secondo, invece ed in modo tassativamente precluso dalla disposizione da ultimo citata, laddove chiosa “6. L’ordinanza che definisce il giudizio non è appellabile” idoneo a produrre, tra le altre, le conseguenze di cui all’art. 348 bis c.p.c.

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