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La malattia dei Titani o della solitudine delle Star

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Psicologia

La malattia dei Titani o della solitudine delle Star

Stefania Tucci
Psicologa Psicoterapeuta, Psicotraumatologa

Nel 1991, quando risultò positivo alla cocaina, Diego Armando Maradona dichiarò:

Mi dispiace, sento una profonda malinconia, soltanto questo… Non voglio più essere costretto a giocare anche quando non sono in grado, a farmi infiltrare di cortisone perché devo essere in campo per forza per gli abbonamenti, per gli incassi, perché bisogna vincere a qualunque costo per lo scudetto o per la salvezza, perché in ogni partita ci si gioca la vita.

Con queste poche e semplici parole una delle più grandi Star del mondo del pallone, che proprio in questi giorni ci ha lasciato, esprime la complessità, la sofferenza e la solitudine di una condizione di vita per altri versi invidiabile.

Perché, come spesso osserviamo, chi arriva così in alto soffre di depressione? Cosa manca nella vita delle Star? All’apparenza nulla, guardando dall’esterno! Eppure, alla notorietà sovente si accompagna un profondo stato di disagio, sostenuto a fatica con l’uso di droghe, alcool, psicofarmaci, ma anche da bizzarrie o malattie del corpo.  

La risposta, come tutte quelle che riguardano il nostro animo, è complessa e allo stesso tempo non può che essere parziale. Non esiste una risposta, ma molte contemporaneamente.

La prima è quella legata alla storia personale. Nel corso vita, ovviamente, ognuno attraversa momenti difficili e dolorosi. Ma quando una condizione accompagna e contraddistingue l’esistenza di una persona, questa condizione trova sempre le sue origini nelle esperienze negative, molto spesso precoci, vissute da quella persona.

Nella vita delle Star, poi, la sproporzione degli strumenti che la persona ha a disposizione fa nascere, di contraltare, sentimenti di inadeguatezza e inferiorità. Ogni eroe nasconde dentro di sé un pusillanime. Ogni stella, un buco nero. 

Ma c’è una connessione tra notorietà e depressione? Da un punto di vista psicologico, ovviamente, sì! Quando una persona, in qualunque campo, diventa un modello, un idolo, un’icona, automaticamente perde un po’ la propria vita. Diventa un personaggio, perde il contatto con la quotidianità e le cose comuni. È costretta a impersonare un ruolo, quello che gli altri si aspettano da lei, ruolo che, col tempo, diventa una maschera che risulta sempre più stretta. A questo punto, può succedere che nessuna relazione sia autentica o, quanto meno, percepita tale, e che la persona non riesca a fidarsi di nessuno e si senta diversa e sola. 

Perché questa solitudine possa essere sostenuta, è necessario un equilibrio che non sempre accompagna la vita di questi personaggi, spesso sbattuti in fretta in prima pagina per le loro capacità, prima che potessero crescere e trovare un proprio modo di essere. 

Si potrebbe dire che la vita delle Star sia un po’ come quella dei Titani, quei semidei che, come Prometeo, ad esempio, dopo aver rubato il fuoco agli dèi per aiutare gli uomini, a causa della loro tracotanza, sono condannati ad essere legati a una rupe dove un’aquila ogni giorno viene a mangiargli il fegato. Ma quel fegato, ogni notte, ricresce, così che la pena diventa infinita e, a volte, intollerabile.

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