Riconoscere la “rabbia che uccide i figli”: responsabilità collettiva
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A partire dal gravissimo episodio di cronaca, quello di Daniele, 7 anni, ucciso dal padre, agli arresti domiciliari, il giorno di Capodanno, parliamo dei tanti casi di infanticidio di cui, ogni anno, si macchiano genitori violenti per raptus, situazioni di disagio o per conflitti nella separazione. Chi uccide il proprio figlio, in genere, non ha accettato il proprio ruolo di genitore.
Non è facile cogliere i segnali – che ci sono sempre – perché, nella maggior parte dei casi, sono legati a vissuti personali e a situazioni che si consumano nel chiuso delle mura domestiche. Ogni caso di violenza è infatti un unicum, esattamente come uniche sono le persone coinvolte. Compito degli esperti è individuare la presenza di quegli elementi che possono costituire degli allert così da tutelare i più deboli. Nel caso del piccolo Daniele, sebbene i segnali siano stati tanti, purtroppo non sono stati raccolti.
Come riconoscere la “rabbia che uccide i figli”: una responsabilità collettiva
In Italia madri e padri, ogni settimana, uccidono o tentano di uccidere dai 3 ai 4 figli, con una media di circa 170 bambini vittime in un anno. Per non parlare dei maltrattamenti e delle violenze che i minori subiscono, sempre in famiglia. Numeri impietosi che portano a galla un fenomeno sommerso, che ipocritamente riteniamo risolto.
Perché questa condizione di diritti negati possa cambiare, deve aver luogo un cambiamento nel modo di pensare collettivo, ma soprattutto deve farsi strada una nuova sensibilità tra gli operatori chiamati a decidere. I figli sono di tutti, non possono più essere considerati solo figli degli altri. Dobbiamo comportarci come se fossero nostri, e non temere di denunciare, quando abbiamo dei sospetti o delle evidenze.
Ma cosa possono fare la società e la giustizia per non incorrere in errori così grandi come quello che ha coinvolto Daniele e sua madre? La Ministra Cartabia ha chiesto verifiche sull’operato dei magistrati che hanno disposto la possibilità per questo padre violento di incontrare il figlio.
Ma quanti sono i casi in cui i figli vengono esposti a condizioni di pericolo o di disagio in virtù del rispetto del “principio della bigenitorialità”?
Le Leggi in vigore, se applicate con diligenza, avrebbero consentito la tutela di questo e di tanti altri bambini. Purtroppo, una certa superficialità, applicata ai drammi della famiglia, uccide! Chi pagherà per questo? Probabilmente nessuno! Verranno mai formulate norme chiare che finalmente attribuiscano responsabilità certe anche nell’amministrazione della Giustizia? Lo speriamo!
Nel frattempo, il nostro compito di studiosi della “materia della Famiglia” resta quello – sempre più stringente ed importante – di formare operatori con “competenze” adeguate, che possano incontrare, un domani, un altro “piccolo Daniele” e sappiano come salvargli la vita.
Con Giorgio Vaccaro, cassazionista, docente nel Master di II livello in Psichiatria Forense e clinica delle dipendenze in età evolutiva presso l’Università La Sapienza di Roma, esperto di Diritto di Famiglia per il quotidiano Il Sole 24 Ore, dialogheranno Carmen Muraro, Psicologa giuridica e psicoterapeuta, esperta di problematiche etico-professionali e membro del CTS di Psicologia in Tribunale e Silvia Ciotti, Senior Researcher, Trainer e Consultant del centro di Ricerca, Formazione e Consulenza EuroCrime.
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Coordinamento scientifico
Comitato Tecnico Scientifico di Psicologia in Tribunale.
Docenti
Carmen Muraro
Psicologa giuridica e psicoterapeuta, esperta di problematiche etico-professionali, di tutela della professione psicologica e dell’area della psicologia giuridica, membro del CTS di PsicologiainTribunale.it. Già Vice Presidente e Consigliere dell’Ordine Psicologi del Veneto; è stata referente per l’Ordine degli Psicologi del Veneto della “Commissione Atti Tipici – Psicologia Giuridica” del Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi, e coordinatore dei Gruppi di Lavoro OPV “Valorizzazione dello psicologo in ambito forense” e “La valutazione psicologia del danno non patrimoniale alla persona”, nonché referente AIPG per il Veneto.
Silvia Ciotti
Laureata in Giurisprudenza e specializzatasi in Criminologia Clinica presso l’Università degli Studi Di Genova, è tra i fondatori del centro di Ricerca, Formazione e Consulenza EuroCrime, dove svolge tra le altre le funzioni di Senior Researcher, Trainer e Consultant. Con numerose pubblicazioni al proprio attivo sia in Italia che all’estero, da anni si occupa di sicurezza urbana, pirateria, terrorismo, crimine organizzato ed altre tematiche legate al settore della prevenzione e della lotta alla criminalità, ed ha svolto per sei anni la funzione di Giudice Onorario presso il Tribunale di Firenze. In veste di Team Leader nel 2013 ha diretto un progetto pilota finanziato dalla Commissione Europea, DG DEVELOPMENT AND COOPERATION – EuropeAid, sulla cybersecurity nei Balcani. Dal 2006 svolge, per conto della DG HOME, DG ENTERPRISE, DG RESEARCH AND INNOVATION ed altri, la funzione di valutatore per l’approvazione e la revisione durante lo svolgimento dei progetti internazionali presentati alla Commissione Europea sotto i vari programmi di finanziamento, partecipando da ultimo alla valutazione delle prime call di HORIZON2020 nel marzo/aprile 2014. Dopo aver insegnato a lungo presso l’Università per Stranieri di Perugia e la St. John International University, attualmente collabora con diverse università italiane e straniere, tiene corsi di Alta formazione sul tema dei fondi e dei finanziamenti europei ed insegna in Master di Europrogettazione. Con lo staff tecnico e scientifico di EuroCrime offre supporto e consulenza in tema di finanziamenti pubblici nazionali ed internazionali e svolge regolarmente attività di europrogettazione, gestione di progetti europei, consulenza sull’accesso agli strumenti di finanza agevolata messi a disposizione dalla Commissione UE.
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