Condotte suicidarie e disagio psichico

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Psicologia

Condotte suicidarie e disagio psichico

Stefania Tucci
Psicologa, psicoterapeuta

Anche se, in forma indiretta, ogni morte può rappresentare una forma larvata di suicidio, con questo termine si intendono tutti quegli atti tesi a  darsi la morte in maniera deliberata. 

Ogni 40 secondi qualcuno nel mondo si toglie la vita, per un totale di circa 800.000 persone all’anno.

“Morte e senso della vita sono così inestricabilmente e strettamente connessi” – scriveva Bruno Bettelheim, psicoanalista, sopravvissuto ai lager nazisti, ma morto suicida – “che quando la vita sembra aver perduto ogni significato il suicidio appare una conseguenza inevitabile”.

Nel nostro paese:

  • ogni anno, circa 4.000 persone si tolgono la vita 
  • nell’80% dei casi si tratta di uomini, nella misura di 11,8 per 100.000 abitanti
  • nel 20%, di donne, 3 ogni 100.000 abitanti
  • la percentuale di suicidi è più alta al Nord, in particolare nel Nord-Est
  • le percentuali di suicidio aumentano, in rapporto alla popolazione, tra gli anziani, uomini e donne, ultra settantenni
  • ad una minore densità della popolazione corrisponde un maggiore numero di suicidi tra gli uomini, perché tradizionalmente più vulnerabili a motivi legati a fattori sociali ed economici avversi
  • il suicidio è la seconda causa di morte tra i giovani tra i 15 e i 29 anni

Come ho affermato all’inizio, il suicidio è spesso conseguente alla convinzione che la vita abbia perduto irrimediabilmente ogni senso. Non solo, nella quasi totalità dei casi, il suicidio non è che un incidente che disgraziatamente va a buon fine, ma che nell’intenzione più segreta della persona dovrebbe fallire. 

Sostanzialmente, infatti, da un punto di vista psicologico, i tentativi di suicidio sono disperate richieste d’aiuto, modalità estreme per ridare significato alla propria vita. Quando l’aiuto tarda ad arrivare, l’azione autodistruttiva può realmente essere messa in atto. 

La richiesta d’aiuto è infatti spesso indirizzata ad una persona reale o immaginaria, ma molto significativa al livello emotivo. Al punto che, nelle fantasie di chi si accinge a togliersi la vita, la possibilità di diventare importante per quella persona è immaginata come capace di rendere nuovamente piena di senso la propria vita, e non più ineluttabile la morte. 

È possibile prevenire il suicidio?

Probabilmente sì, in molti casi, se si riuscisse ad intervenire a monte sulla sofferenza psicologica, ridando speranza a chi non riesce ad intravedere una luce in fondo al tunnel. Eppure, come sottolinea acutamente James Hillman, il suicidio sta a sottolineare in modo radicale la realtà indipendente dell’anima. L’impulso suicida non può essere concepito semplicemente come una mossa contro la vita, ma come un andare incontro al bisogno pressante di una vita più piena. Più che di essere spiegato, sostiene ancora Hillman, il suicidio attende di essere compreso.

Un tentativo di comprensione è quello che cerca di mettere in atto il regista Marco Bellocchio nel suo recente film Marx può aspettare, dove, a distanza di cinquant’anni, insieme ai suoi familiari si interroga sui motivi della morte per suicidio del fratello gemello Camillo. Perché, così come nella storia di Camillo, nella storia di ogni persona che si toglie la vita c’è sempre qualcosa che sfugge e resta inafferrabile.

La religione considera il suicidio un peccato, condannandolo come atto di ribellione; la società lo rifiuta, tendendo a farlo passare sotto silenzio o a giustificarlo come gesto folle, quasi fosse l’aberrazione antisociale per eccellenza. Ma il disagio psichico, come indica anche l’Organizzazione Mondiale della Sanità, non rappresenta l’unico fattore di pericolo. Altre variabili, genetiche, biologiche, individuali e ambientali, concorrono ad aumentare il rischio suicidario. E periodi come quello che stiamo attraversando in questo momento, determinato dalla pandemia da COVID-19, ha contribuito a destabilizzare certezze, abitudini e dinamiche relazionali che hanno influito non poco sulla salute e la stabilità emotiva delle persone più fragili.

Politiche di prevenzione efficaci non possono essere confinate al solo ambito sanitario, ma devono tener conto anche delle variabili e dei fattori di rischio che possono emergere dal contesto sociale, economico e relazionale nel quale il potenziale suicida è inserito. 

Sopravvissuti e rischio suicidario

Un altro aspetto importante da tenere in considerazione, da un punto di vista psicologico, è quello che attiene agli effetti destabilizzanti di questi gesti estremi sulle persone con le quali il suicida era in relazione. I sopravvissuti, coloro che sono stati colpiti da un lutto in seguito ad un suicidio, presentano in forma più elevata sensi di colpa, sentimenti di rifiuto ed abbandono rispetto a chi ha perso qualcuno per cause naturali. 

Non solo, spesso il suicidio di un familiare diventa un doloroso segreto da nascondere. Nel racconto di Bellocchio questo fenomeno tipico emerge con tutto i suo portato di dolore: per lenire quel lutto straziante, la famiglia è costretta a fingere, a ridimensionare la gravità inappellabile del suicidio nella finzione di un incidente, come se si fosse trattato di una fatalità. È la tragedia che si trasforma in teatro, a difesa di quanto è socialmente accettabile.

Questa ed altre modalità di affrontare il dolore per la perdita non permettono un’elaborazione completa del lutto. Ciò può generare un problema che passa attraverso le varie generazioni di una stessa famiglia, determinando a volte il ripetersi di fragilità e gesti suicidari nelle generazioni più giovani. 

Perché a dolore non segua altro dolore è necessario, con l’aiuto di uno psicologo, ricostruire insieme a tutte le persone coinvolte il percorso che ha portato a questo gesto estremo, sia che abbia condotto alla morte sia che sia stato solo un tentativo non riuscito, per comprenderne le ragioni e aiutare le persone a vivere una vita più piena. 

Commenti (2)

  1. […] stima, infatti, che nel mondo quasi 1 miliardo di persone conviva con un disturbo mentale e che, ogni 40 secondi, una persona si suicidi. Questi numeri, già di per sé impressionanti, sono destinati ad aumentare a causa dell’impatto […]

  2. […] suicidio è una piaga sociale che nel nostro paese miete circa 4.000 vittime all’anno. Tra la popolazione […]

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